È ancora vivo e forte l’eco dell’incontro di preghiera per la pace e la giustizia di Assisi del 27 ottobre, in cui Papa Benedetto XVI e i vari leader religiosi hanno pregato e lanciato un messaggio di pace forte e universale. Un messaggio di estrema attualità in un mondo globalizzato, dove la convivenza quotidiana è attraversata dalle tensioni del pluralismo religioso ed etnico. Una pace che si fonda sulla capacità che gli uomini avranno di costruire una civiltà della convivenza. La condizione umana sta diventando sempre più complessa e plurale dove i popoli, le culture, le civiltà e le religioni sono condannate ad una ineliminabile vicinanza. So bene che tale convivenza non è affatto semplice, al contrario è non poco difficile: troppe differenze all’interno della mondializzazione inducono verso individualismi irresponsabili, tribalismi difensivi, nuovi fondamentalismi. C’è gente che si sente aggredita e spaesata di fronte a nuovi vicini e a un mondo troppo grande, e quindi si lascia prendere dalla paura del presente e del futuro. Vediamo persone, gruppi e popoli innalzare barriere, vicino e lontano da noi. Costoro chiedono spesso alle religioni di proteggere la loro paura, magari con le mura della diffidenza. Ma la sfida del futuro è racchiusa nella capacità che i popoli hanno di vivere assieme pur restando diversi. Questo sta a dire che la prima e più urgente educazione da fare è quella, appunto, del convivere tra diversi. Ecco perché il dialogo appare come l’unica via per comprenderci gli uni gli altri. Non dobbiamo perciò lasciarsi sopraffare dalle ondate di pessimismo, generatrici di diffidenza, di chiusura, di ripiegamenti amari su di sé. Le religioni sono decisive per stabilire un legame di fraternità tra i popoli. Esse, nella loro diversità, parlano ad un uomo che considerano debole e peccatore e a cui indicano una via (o delle vie) per raggiungere la perfezione. Le religioni comunicano all’uomo la speranza che, con le armi spirituali della fede, può divenire migliore. Tutte le religioni, pur nella differenza della loro spiritualità e dei loro cammini di fede, parlano ad un uomo bisognoso dell’Alto. C’è nel profondo delle religioni una risorsa di spiritualità e di amore. Per questo grande è la responsabilità delle religioni, oggi. Il Novecento, il secolo più secolarizzato della storia, appariva, fino ad ieri, come un tempo di crisi gravissima se non di morte delle religioni. Invece si è chiuso come un tempo in cui le religioni sono attori rilevanti della vicenda storica. Le responsabilità degli uomini e delle donne di religione si fanno più grandi di quanto si poteva pensare fino ad ieri. Allo stesso tempo, queste responsabilità non sono solo verso i propri correligionari, ma in un mondo in cui si vive tanto più insieme che nel passato, in un universo segnato dalla globalizzazione, si esercitano anche verso quelli che sono esterni alla propria comunità religiosa. Forse, per la prima volta nella storia, alcune comunità religiose hanno dovuto considerare seriamente la loro responsabilità verso credenti che sono esterni alla loro fede. Esterni, ma non estranei. Il dialogo tra religioni tesse una trama pacifica, respinge le tentazioni a lacerare il tessuto civile e libera dalla strumentalizzazione delle differenze religiose a fini politici. Ma questo richiede audacia e fede. Richiede coraggio. E spinge ad abbattere con la forza morale, con la pietà, con il dialogo, tutti i muri che separano gli uni dagli altri.
Il messaggio di Assisi 2011
Parola di vescovo
AUTORE:
† Vincenzo Paglia