La Costituzione dedica alla famiglia ben tre articoli, cominciando da quello che la definisce “società naturale fondata sul matrimonio”. I membri dell’assemblea costituente (che erano davvero il meglio che l’Italia di allora potesse esprimere) non ritennero necessario spiegare che cosa volessero dire con la parola “matrimonio”. Forse pensavano che l’avesse detto una volta per tutte il Diritto romano (pagano): coniunctio maris et foeminae, consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio (l’unione di un uomo e una donna, un mettere insieme ogni attimo di vita, uno scambio reciproco religioso e civile). Adesso qualche spirito geniale dice che la Costituzione non specifica che i due sposi debbano essere necessariamente un uomo e una donna, e allora si può e si deve ammettere il matrimonio anche tra persone dello stesso senso. Ma se è per questo, la Costituzione non dice neppure che gli sposi debbano essere due, e non più di due; eppure nessuno degli innovatori che reclamano il matrimonio gay osa toccare l’argomento della poligamia, anzi è facile immaginare che reagirebbero scandalizzati se qualcuno proponesse di permettere a un uomo di avere due mogli, o viceversa. Il fatto è che la Costituzione è scritta in lingua italiana (un ottimo italiano, anzi) e il significato delle parole (anche “lavoro”, “proprietà”, “scuola”) è quello comune, attestato dall’uso generale, dalla letteratura, se occorre dai vocabolari. Non si può rovesciare il significato alle parole con un atto politico. Nella lingua italiana “matrimonio” è quello che tutti hanno sempre inteso (bisessuale, e anche monogamico). Se si vuol dare una regolamentazione legale alle coppie gay, come giurista non ci vedo problemi, ma non si può chiamare matrimonio. Anche nella Chiesa anglicana, che pure è molto aperta alle coppie omosessuali, un alto prelato ha detto: “La lingua inglese non si può torturare, il matrimonio non si tocca”.
Il matrimonio è uno solo
AUTORE:
Pier Giorgio Lignani