“Non c’è educazione alla vita cristiana senza eucaristia”. Ne è convinto mons. Piero Coda, presidente dell’Ati (Associazione teologica italiana), che presenta in questi termini il XII incontro annuale dell’associazione, in corso ad Alpignano (Torino) fino al 2 settembre. Il tema – “Eucaristia e logos. Un legame propizio per la teologia e la Chiesa” – è stato scelto in stretta relazione con quello del XXV Congresso eucaristico, in programma da Ancona dal 3 all’11 settembre, e del quale le giornate piemontesi vogliono essere un momento di preparazione.
Al convegno di Alpignano partecipano circa 120 persone, provenienti da tutte le regioni d’Italia, con presenze anche dall’estero (Brasile, Republica Ceca, Francia e Belgio). Tra i vari messaggi di saluto, quello di mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei e socio dell’Ati, che ha definito l’appuntamento un “esempio significativo di uno stile e di un metodo di lavoro propri del servizio che i teologi svolgono nella comunità ecclesiale”, auspicando che “cresca la cooperazione nella comunità ecclesiale, in particolare tra teologi e pastori, così da rendere sempre di più la fede fermento di evangelizzazione e di umanizzazione nel più ampio circuito sociale”.
Mons. Coda, che rapporto c’è tra eucaristia e lògos? “Con la scelta di questo tema abbiamo voluto indagare sul rapporto che c’è tra il linguaggio cristiano e il linguaggio dell’eucaristia, intesa come sintesi pregnante con cui Gesù offre al mondo il volto del Padre, nel dono di sé e nel servizio ai fratelli. Per questo ci siamo chiesti quale tipo di linguaggio viene propiziato dall’eucaristia, sia nel senso di linguaggio ecclesiale – che ha a che fare con l’annuncio e con la vita delle comunità cristiane – sia nel senso di linguaggio teologico, che ha a che fare con la necessità di approfondire l’intelligenza della fede nella teologia ma anche di approfondire la verità del Vangelo nell’areopago del nostro tempo”.
Come declinano questo compito i teologi? “Per quanto riguarda il rapporto tra eucaristia e linguaggio teologico, abbiamo riflettuto sulla richiesta di Benedetto XVI di ritrovare il senso profondo di una razionalità ispirata al Vangelo, chiedendoci come vada declinata in rapporto all’eucaristia. Nella Deus caritas est, il Papa afferma che quello dell’eucaristia non è un linguaggio statico, perché nell’eucaristia c’è una Parola in cui siamo coinvolti e spinti a donarci, in risposta al dono che Dio fa di sé a noi e ai fratelli: di qui la necessità di interrogarci su cosa significhi parlare di Dio in termini credibili, responsabili e comprensibili per l’uomo di oggi. L’eucaristia, inoltre, è il linguaggio costitutivo della comunità ecclesiale, che porta ad un’opera di discernimento su quale segno è la Chiesa per il mondo, quale tipo di comunità costruiamo, se siamo capaci di fare unità nella convivialità delle differenze o se invece diamo la precedenza ad una concezione piramidale o verticistica”.
Si può parlare, dunque, di un vero e proprio “stile eucaristico”… “Usando una metafora, si può dire che l’eucaristia è una spada a doppio taglio, che determina uno stile di vita e di pensiero, in quanto l’intera esistenza cristiana è forgiata da essa. In altre parole, l’eucaristia non è un optional, non è un maquillage, ma determina il nostro modo di essere alla sequela di Gesù: ne va dell’identità e della rilevanza della fede cristiana. Quello eucaristico è uno stile caratterizzato al ‘bene-dire’ e del ringraziare, cioè dal fare eucologia e dal fare eucaristia. Benedire significa dire, riconoscere il bene che viene da Dio e riconoscere Dio come l’origine di ogni bene. Ringraziare significa accogliere la grazia che ci viene a Dio e rendere partecipi noi stessi e gli altri del dono ricevuto. Lo stile eucaristico è uno stile di vita fortemente ispirato alla prassi delle prime comunità cristiane e al Concilio Vaticano II, soprattutto alla Gaudium et spes e alla Lumen gentium”.
L’imminente Congresso eucaristico di Ancona darà risalto alla “popolarità” della fede cristiana: quale il contributo dei teologi? “La teologia italiana è da sempre caratterizzata dal riferimento alla prassi e alla missione della Chiesa locale in Italia: lo dimostra anche la straordinaria accoglienza ricevuta dai partecipanti al nostro convegno da parte della diocesi di Torino, con la visita del card. Poletto. La teologia italiana è una teologia di Chiesa, per la Chiesa e nella Chiesa”.