Volentieri ho accettato l’invito del Direttore de La Voce ad esprimere qualche breve riflessione sul Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio, appena concluso. È stata per me un’esperienza straordinaria sia dal punto di vista ecclesiale che da quello umano. Sono stato invitato dal Santo Padre a prendere parte al Sinodo in quanto presidente della Federazione biblica cattolica, un’istituzione internazionale nata quaranta anni fa per sostenere e diffondere l’apostolato biblico a seguito della costituzione dogmatica Dei Verbum, documento della Concilio Vaticano II che, forse come nessuna altro, ha segnato la storia della Chiesa cattolica in questi ultimi quaranta anni. Circa 250 vescovi, provenienti da tutte le parti del mondo, ed un altro centinaio di invitati, compresi i ‘delegati fraterni’, per tre intere settimane ci siamo trovati assieme, con la presenza quasi continua del Papa, a pregare, riflettere e dibattere su un tema così centrale per la vita e la missione della Chiesa qual è la Parola di Dio. Si è rilevata anzitutto la continuità con il Sinodo precedente sull’eucarestia. In questo si è raccolta l’eredità lasciataci dal Vaticano II sull’unità delle due ‘mense’, quella della Parola e quella del Corpo di Cristo. In tanti Padri sinodali abbiamo sottolineato la provvidenzialità di questa scelta conciliare che viene ora, con i due Sinodi, sancita in maniera definitiva. Potremmo dire che si ridona una forza nuova ai due movimenti che hanno preparato il Concilio: il liturgico e il biblico. Si è manifestato un sorprendente il consenso nel legare la Bibbia alla liturgia. L’icona di Emmaus, nelle sue due parti, l’ascolto di Gesù che spiega le Scritture e lo spezzare il Pane, è risuonata spesso negli interventi. È stato importante però chiarire la distinzione tra la Parola di Dio e la Bibbia. Per noi cristiani ‘ si è ribadito ‘ la Parola di Dio è la persona stessa di Gesù, non la Bibbia, che comunque ne è una manifestazione del tutto privilegiata. La Parola di Dio, perciò, precede la Bibbia e va oltre di essa; ma la sacra Scrittura ne resta la manifestazione più alta, che la Chiesa custodisce, ascolta e serve. Commoventi sono stati gli interventi dei vescovi dei Paesi poveri e soprattutto di quelli che vivono il martirio per difendere la Parola di Dio come in Medio Oriente, in Iraq e in India. Man mano che gli interventi si susseguivano, senza dimenticare la giusta esigenza della correttezza della dottrina, emergeva la grande sete della Parola di Dio presente in tutti i popoli, soprattutto di quelli più poveri. Si stagliava chiara la convinzione di un legame privilegiato tra le Scritture e i poveri. Molti vescovi hanno reclamato il diritto dei popoli (quasi esclusivamente poveri) ad avere la Bibbia nella propria lingua. Basti pensare che è stata tradotta interamente solo in 458 delle 6.000 lingue presenti nel mondo. Ho parlato appositamente di un vero e proprio diritto dei popoli ad udire, come accadde nella prima Pentecoste, lo stesso Vangelo nella propria lingua nativa. Del resto, se la Bibbia è la lettera d’amore di Dio per tutti i popoli, come non impegnarsi perché giunga ad ogni popolo? È emerso il bisogno delle traduzioni, perché ciascun credente abbia la sua propria Bibbia personale tradotta nella propria lingua. È un impegno che emerge chiarissimo dal Sinodo. È ovvio che questo comunque non è tutto. Quel che è decisivo ‘ si è ripetuto spesso ‘ è ascoltare la Parola di Dio presente nella Bibbia. E qui è la grande sfida pastorale di questo inizio di millennio. Si è ribadito a chiare lettere che la Bibbia va letta nella Chiesa. Anzi si stabilisce un legame di comune appartenenza tra la comunità cristiana e la Bibbia: l’una non sta senza l’altra. Ed è apparso evidente che deve allargarsi lo spazio di influenza della Bibbia sulla vita della Chiesa. L’orizzonte cha ha trovato tutti concordi, sebbene siamo ancora lontani da viverlo, si può raccogliere in questa frase: è urgente passare dalla pastorale biblica alla animazione biblica dell’intera pastorale, compresa la dimensione ecumenica. Anzi, si è allargato anche il campo: la Bibbia deve ispirare altresì la vita sociale, la vita culturale, le arti, perfino la vita economica e ovviamente i rapporti con l’ebraismo e le grandi religioni del mondo. Direi, per parte mia, che da questo Sinodo deve svilupparsi un nuovo entusiasmo per le sacre Scritture in tutte le nostre comunità. Non se ne avvantaggia solo la vita interna della Chiesa, ma anche la stessa missione evangelizzatrice. Mi hanno impressionato i dati che emergono dalla ricerca internazionale ‘ che ho presentato al Sinodo – su ‘La lettura della Bibbia nel mondo’ (vi è anche un capitolo sulla nostra regione, e senza dubbio dovremo quanto prima di tonarci sopra). Tra i dati emerge una notevolissima attenzione della maggioranza della gente nei confronti della Bibbia. Molti si augurano, ad esempio, che venga insegnata nelle scuole. Mi auguro che in ogni parrocchia, in ogni comunità si riscopra questo tesoro prezioso che è la Bibbia. È davvero come una fontana di sapienza religiosa ed umana a cui tutti possono dissetarsi. Mi ha colpito la testimonianza della morte di Giovanni Paolo II offerta da un Padre sinodale: nel giorno della sua morte, dopo aver salutato tutti, ha voluto che si leggesse il Vangelo di Giovanni, dal primo capitolo. È morto ascoltando il Vangelo. Da parte sua Benedetto XVI ha aperto il Sinodo con una meditazione sulla forza della Parola, vera roccia su cui fondare la nostra vita. La sua partecipazione ai lavori è stata appassionata e illuminante. Ha concluso parlando di un’assemblea piena di commozione. Davvero abbiamo vissuto un momento straordinario di grazia, di fraternità e di amore senza confine alcuno. In quell’aula sono stati presenti non solo i cristiani, non solo gli altri credenti, ma l’intera umanità alla quale vorremmo che giungesse la Parola d’amore di Dio che ancora oggi continua a risuonare.
Il Libro di tutti sia tradotto in tutte le lingue
Sinodo dei vescovi. Testimonianza di mons. Paglia, invitato in qualità di presidente della Federazione biblica
AUTORE:
' Vincenzo Paglia