Il lavoro serio del clero

L’editoriale

A distanza di un anno, il clero umbro nella sua totalità, insieme ai Vescovi della regione, si riunisce nel santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza per una giornata di spiritualità (giovedì 9 giugno). Un’iniziativa, divenuta una gradita consuetudine, che sta a segnare la comunione delle otto Chiese diocesane che compongono la regione ecclesiastica umbra. L’anno scorso fu invitato a svolgere la meditazione il monaco Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, molto nota per lo stile rinnovato di vita monastica e per l’apertura ecumenica, rivolta alla conoscenza e allo scambio di idee con le comunità ortodosse ed evangeliche, soprattutto sul versante della liturgia. Quest’anno è la volta del cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi che viene in Umbria dopo aver attraversato nei giorni scorsi una bufera mediatica aspra e violenta da parte de Il Giornale in cui si è inserito anche quel fervente convertito dall’islam, Cristiano Magdi Allam. La Giornata di spiritualità del clero è una iniziativa, ben conosciuta dai nostri lettori che frequentano le chiese e i loro parroci, mentre non è altrettanto nota e valutata da quelli che vivono lontani dalla Chiesa di cui assaporano solo qualche sensazione piuttosto volatile e sfuggente. Tutti però sono puntualmente informati di ogni difetto e caduta di qualche prete che finisce sui giornali. Allora si hanno paginoni interi, con sparo di locandina per le strade. È giusto informare tutti di tutto ciò che riveste un interesse sociale. Sarebbe però anche giusto aprire gli occhi sul lavoro serio, costante, disinteressato e competente di centinaia di preti (ci mettiamo dentro anche i diaconi, i catechisti e tanti altri operatori pastorali) che lavorano per l’educazione delle persone, il sostegno e l’aiuto in mille forme, mettendo in atto risorse spirituali e materiali. Dire ciò non significa che queste persone reclamino riconoscimenti e medaglie. Ma lo si rileva per evitare l’indifferenza e l’estraniazione che li fa a volte considerare d’impiccio o in indesiderata competizione da chi ritiene che l’Ente pubblico debba essere l’unico attore sociale. Il caso della polemica contro il card. Tettamanzi può essere un segno di questo atteggiamento. È da tempo che in Umbria, anche per merito di un’originale impostazione sociologica di Luca Diotallevi, si descrive la società come un organismo con struttura poliarchica, che implica una pluralità di soggetti attivi che hanno diritti primari e originari non dipendenti dallo Stato o altro ente pubblico. In questa prospettiva, il principio che dovrebbe governare le relazioni è quello della collaborazione dei cittadini e delle famiglie tra loro e le loro libere formazioni sociali nei confronti dell’ente pubblico. L’intervento dell’ente pubblico che si pone a servizio dei cittadini dando ordine e sostegno alle loro iniziative, secondo i principi della sussidiarietà e solidarietà, per la realizzazione del bene comune. In questo prospetto, le Chiese, i gruppi ecclesiali e i preti che vi lavorano in prima persona, in attitudine di servizio, sono a tutto titolo attori sociali da prendere in considerazione sostenendo la loro opera. A questo compito, tra l’altro, si preparano con una formazione permanente, di cui l’incontro con il card. Tettamanzi è solo un episodio, sia pure notevole, e di cui daremo conto nel prossimo numero.

AUTORE: Elio Bromuri