Mentre stiamo chiudendo il giornale (mercoledì sera) giunge un lancio dell’Ansa in cui si dice che nella casa in cui è avvenuta un anno fa la barbara uccisione della studentessa inglese Meredith Kercher è entrato qualcuno sfondando una finestra, e ha sparso nei locali dove è avvenuto il delitto quattro grossi coltelli da cucina e una, o più, candela usata. Un coltello era appoggiato sopra una busta della polizia, non in uso in quella di Perugia, che normalmente serve per mettere i reperti della indagini. Cosa vuol dire? Quale messaggio segreto si cela dietro questa messa in scena? È un depistaggio? In quale direzione? Forse si vuol suggerire l’idea che dietro al misfatto c’è l’ombra del satanismo, che fu già suggerita nella circostanza del fatto compiuto la notte di Halloween? O un semplice scherzo di cattivo gusto? La cosa sul tardi si è ridimensionata. Comunque sia, penso che ogni volta si aggiunge dispiacere e disagio: nei giornalisti, alcuni dei quali confessano intima difficoltà a ritornare su queste storie; e in coloro che di fronte alla morte nutrono un rispetto che induce al silenzio.
Purtroppo le esigenze dello spettacolo e l’ingorda curiosità dei lettori e degli assidui spettatori televisivi attirano attorno a fatti delittuosi molta attenzione, spingendo gli operatori della comunicazione a dare notizia di ogni minimo particolare, di ogni vera o presunta novità, ipotesi e sospetto. La città di Perugia non è mai stata tanto sulle pagine dei giornali e dei servizi televisivi di tutto il mondo come in quest’anno. Dal 6 febbraio 2009 inoltre la curiosità è aumentata per il processo in corso, ed abbiamo visto sfilare sugli schermi i personaggi in causa. Piazza Matteotti, davanti al Tribunale di Perugia, era una selva di parabole portate lì per le dirette televisive. Abbiamo anche ricevuto il messaggio dalla maglietta di Amanda Knox nel giorno di san Valentino: All you need is love (C’è solo bisogno di amore). Parole belle, che lasciavano un’eco strana uscendo dal tribunale. Non ci resta che sperare che presto venga concluso il processo, sia fatta luce oltre i depistaggi su tutta la vicenda, e si possa dire una parola di giustizia vera, che chiuda una storia dolorosa, copra di rispettoso silenzio la povera Meredith e apra la via alla riflessione e alla costruzione di una società più sana, impegnata a costruire valori autentici di civiltà umana.
Perugia, in questi giorni è in attesa della visita del presidente Napolitano (23 febbraio), che verrà a concludere le celebrazioni del settecentesimo anniversario della fondazione dell’Università. La nostra storia cittadina e umbra merita ben altro che squallide vicende di droga e di sangue. Dovremmo abituarci a rivolgere le antenne paraboliche su ciò che di grande sta scritto nelle nostre tradizioni. Proprio in quella piazza, sopra le teste di quelli che guardano verso la porta del tribunale, un tempo Domus misericordiae (Casa della misericordia), ci sono delle scritte scolpite sui frontespizi delle finestre rinascimentali che riportano, in latino, il testo del Vangelo di Matteo al capitolo 25: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare…”. Forse anche i giovani di cui si parla in negativo sono tra quelli che hanno fame e cercano chi sia disposto a disarmare il proprio cuore e ad aprire la propria mano.