Il greppo d’oro

Si tratta del greppo che costeggia la statale Pian d’Assino, a est di Gubbio, direzione Fossato di Vico, nel tratto che degrada dalle vicinanze del civico cimitero alla rotonda prima di San Marco. Un 5-600 metri in tutto. I campi circostanti sono sopraelevati rispetto alla sede stradale. Il greppo ne risulta alto, rotondetto e paffutello, l’erba vi cresce agevole e, soprattutto quando ha piovuto molto, chiede di essere tagliata prima che il greppo invada la sede stradaleE proprio per procedere a quel taglio io, che percorro in auto quella strada avanti e indietro anche più volte al giorno, ho visto per più giorni al lavoro su quel greppo una squadretta di quattro operai, le cui cautelose movenze hanno fatto riemergere in me il vezzo neoclassico di interpretare banali scene moderne con auliche parole antiche. Uno degli operai guidava un trattore che, protendendo verso l’esterno una specie di bocca meccanica, tagliava l’erba. Senza fretta. E senza fretta un altro interveniva ogni tanto (‘rapsodicamente’) sul prato tagliato, con un bel forcone d’ordinanza, che sicuramente era a norma della 626 e del Trattato di Schengen, ma io faticavo a capire a cosa servisse. Gli altri due s’erano piazzati sulla strada, alla dovuta distanza dal trattore, per interrompere e riaprire alternativamente il traffico; paletta rotonda in mano, verde da un parte e rossa dall’altra; 6 ore e quaranta al giorno, 36 ore la settimana, interamente impiegate a girare la paletta da una parte dall’altra. ‘
Ma non si potrebbero impiegare altrimenti, i due operai della paletta, e sostituirli con due robot luminosi, che si muovono su telecomando del guidatore del trattore? E anche quello con il forcone ‘Ed è qui che, ad interpretare banali scene moderne, dal mio subconscio auliche parole antiche mi sono salite alla bocca. Ne quid nimis, per carità, non esagerate. Festina lente: affrettatevi, ma – Dio ce guardi!- con la dovuta lentezza. Vetuste parole, solenni, gravide di antica saggezza pacificataPoi però nei miei circuiti cerebrali ha fatto irruzione, sapido e volgare, il motto che, in occasioni del genere, fioriva sulla bocca di mio padre, quarta elementare scarsa: ‘A Montone enno ‘n tre a fa’ ‘n cistone: uno ‘l fa, uno ‘l tiene, ‘n altro guarda si vien bene’. Ho scritto al ministro Brunetta: ‘Venga!’. Quinto fra cotanto senno, potrà sedersi, non visto, sul ciglio della strada. E se i piedi non toccheranno terra, non ne faremo un problema, ma certo la sua lodevolissima volontà di rendere lavorativo il lavoro di tanti dipendenti pubblici potrà trovare ulteriore rilancio. L’antichità celebrò la vicenda del Vello d’oro, e il suo eroe eponimo, Giasone, non ne uscì bene. Noi disponiamo solo di storielle come questa del Greppo d’oro, ma lo Stato ne esce altrettanto male.

AUTORE: Angelo M. Fanucci