Come non condividere l’amarezza di Papa Francesco alla notizia che verrà restituito al culto islamico quello che per più di mille anni (dal IV secolo al 1453) era stato uno dei principali templi della cristianità? La cattedrale di Costantinopoli, Santa Sofia, dedicata alla Sapienza divina.
La sua prima fondazione risalirebbe a Costantino, così come quella di San Pietro a Roma; la sua struttura attuale all’imperatore Giustiniano. Convertita in moschea con la conquista turca, è rimasta tale fino al 1935, quando venne trasformata in museo. Però se guardiamo la storia potremmo farcene una ragione.
Il momento peggiore della storia
Il momento di gran lunga peggiore della basilica di Santa Sofia è stato nel 1204, quando quella che era la capitale dell’Impero romano di Oriente, e della Chiesa ortodossa, venne conquistata da un esercito straniero che, secondo la credibile testimonianza dei contemporanei, fece il saccheggio più feroce e offensivo che si fosse mai visto al mondo. Donne stuprate, bambini sgozzati, chiese e case saccheggiate e incendiate.
Santa Sofia fu bestialmente profanata; gli invasori issarono sul trono del Patriarca una prostituta discinta che cantava canzoni oscene fra gli applausi della soldataglia. Gli arredi sacri furono depredati, persino i venerabili mosaici distrutti. Il saccheggio dell’intera città durò tre giorni, poi i comandanti ne ordinarono la fine, ma solo perché altrimenti sarebbe stato impossibile fare la “giusta” spartizione del bottino fra le diverse armate che componevano l’esercito invasore.
Gli invasori erano…
Ma chi erano questi barbari invasori? I soldati delle nazioni cattoliche apostoliche romane, riuniti per la quarta Crociata, poi deviati dai loro sovrani verso una preda più ricca, la capitale bizantina. Ma portavano tuttora il nome di “crociati” e ne vestivano le insegne, mentre stupravano e profanavano le chiese cristiane.
Solo ai nostri giorni un Papa ne ha chiesto perdono ai cristiani ortodossi. Dunque è naturale provare oggi amarezza perché Santa Sofia torna al culto islamico, ma con l’umiltà di chi ha, nella propria storia, anche quella pagina orribile.
Pier Giorgio Lignani