Ciò che non viene fatto oggi, avrà un costo più alto in futuro’. È stato il rappresentante della presidenza di turno, Jean-Louis Borloo, a richiamare ancora una volta l’Ue alle sue responsabilità in campo ambientale. L’intervento dell’esponente francese si è inserito in un dibattito fra le tre istituzioni comunitarie dedicato al ‘pacchetto clima’ nel corso della sessione dell’Europarlamento svoltasi il 3 e 4 dicembre a Bruxelles. Clima ed energia. Lo stesso pacchetto di misure sul cambiamento climatico e le fonti energetiche è all’attenzione del Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre. Tema spinoso, al quale si affianca quello delle misure coordinate per affrontare la crisi economica, senza trascurare il problema dell’iter del Trattato di Lisbona. L’assemblea ha però dovuto affrontare altre questioni, fra cui l’esportazione di armi verso Paesi terzi, l’applicazione della direttiva Reach sulle sostanze chimiche e la predisposizione di una strategia europea sui rom. Tornando alla discussione su clima-energia, Borloo ha affermato, con un certo tono enfatico, che ‘in questo mese gli occhi del mondo sono puntati sull’Europa’, in attesa di conoscere quali reali e concreti provvedimenti verranno assunti per fronteggiare il nodo ambientale, anche per tener fede agli impegni che la stessa Ue ha concordato di recente: ovvero diminuire, entro il 2020, del 20% le emissioni di anidride carbonica, accrescere l’efficienza energetica del 20% e fare ricorso, per la stessa percentuale, alle fonti rinnovabili. Per Borloo i 27 sono ‘a un punto di svolta della loro storia’, anche se restano ‘alcuni nodi cruciali da sciogliere’, ‘incluse le questioni della solidarietà e della progressività nel raggiungimento dell’obiettivo 20/20/20, a causa dei disaccordi tra gli Stati membri’ e ‘della necessità di aumentare l’efficienza del mercato elettrico senza imporre oneri’ eccessivi ai consumatori e alle imprese. Accordo vicino? Il ministro ha quindi ricordato alcuni blocchi particolari: ha citato il caso dei Paesi baltici, che ‘in base al trattato devono smantellare le centrali nucleari’; e poi ‘la Polonia e altri Stati, che hanno meno efficienza energetica ed economie ad alto tasso di carbonio, i quali si devono accordare sulla tabella di marcia progressiva’ per incamminarsi verso gli obiettivi comuni. Durante la discussione, Andris Piebalgs, commissario per l’energia, ha affermato che ‘le tre istituzioni sono prossime al raggiungimento di un accordo sul pacchetto dei cambiamenti climatici poiché restano solo pochi punti in sospeso. Un accordo sulla direttiva per le energie rinnovabili farebbe la differenza – ha aggiunto -, soprattutto per le forniture di energia in Europa’. Stavros Dimas, commissario con delega all’ambiente, ha invece sostenuto che ‘i cambiamenti climatici e il pacchetto energia rappresentano uno dei lavori più significativi affrontati dall’Unione negli ultimi anni’. A suo parere un”economia impostata sul basso utilizzo di carbonio stimolerebbe la competitività europea e incoraggerebbe l’innovazione’. Dimas si dice ‘ottimista’ per un accordo fra i 27, nonostante restino alcuni punti da definire e non manchino ostacoli provenienti dai Governi. Durante il dibattito in aula sono intervenuti tutti i gruppi politici: pressoché unanime l’auspicio per un via libera al summit, seguito dal voto in Parlamento il 17 dicembre a Strasburgo. Vari deputati hanno però affermato che il pacchetto non è sufficientemente ambizioso rispetto alla gravità delle sfide. Aiuti allo sviluppo. La sessione parlamentare della scorsa settimana è stata dunque soprattutto dedicata al confronto sui grandi temi politico-economici del momento. Molto partecipato ad esempio il dibattito sulle misure anti-crisi economica, così come vasta eco ha suscitato l’intervento in emiciclo del Dalai Lama. Tra le decisioni concrete cui sono giunti gli eurodeputati, figura un regolamento che stanzia un miliardo di euro nel periodo 2008-2010 per ‘assistere un elenco ristretto di Paesi in via di sviluppo nell’affrontare la rapida impennata dei prezzi alimentari’. I fondi saranno usati per ‘promuovere misure volte ad agevolare l’accesso ai fattori di produzione, migliorare la capacità produttiva agricola, aumentare la produzione attraverso microcrediti, investimenti, attrezzature e infrastrutture, nonché soddisfare il fabbisogno alimentare’. L’indicazione dei Paesi beneficiari verrà dopo una fase di consultazione con gli altri organismi internazionali donatori, a partire dall’Onu. Tra le misure di sostegno che dovrebbero essere privilegiate figurano: quelle per agevolare l’accesso ai fattori di produzione e ai servizi agricoli, compresi i fertilizzanti e le sementi; le misure finalizzate a mantenere o migliorare la capacità produttiva agricola e a ‘soddisfare il fabbisogno alimentare di base delle popolazioni più vulnerabili, compresi i bambini’; altri interventi come crediti per investimenti, attrezzature, infrastrutture e impianti di stoccaggio, nonché formazione professionale.