Talvolta le circostanze storiche concorrono a ridefinire in maniera importante il volto e le caratteristiche di un territorio. Ciò che oggi capita all’Umbria, è la ricaduta con caratteristiche locali (e con l’esasperazione di antiche criticità strutturali), della complessa interazione del sistema Italia/Europa/Mondo in cui assistiamo ad un riassetto dell’economia globale con l’ingresso dei paesi in via di sviluppo e in particolare degli attori asiatici.
Il fenomeno sociale, caratteristico del mondo occidentale, iniziato negli anni ’70/’80 del ’900 come un fenomeno legato alla ricerca del massimo benessere ma trasformatosi oggi per le giovani generazioni in esigenza data dalla precarietà economica che si accompagna a questo tempo, è il cosiddetto “inverno demografico”, cioè la forte contrazione delle nascite, al di sotto del tasso di sostituzione di 2,1 figli per donna (oggi siamo intorno a 1,4), associato da un’aspettativa di vita elevata e dunque un elevato tasso di invecchiamento della popolazione.
La bassa natalità dell’Umbria
Il risultato sostanziale è che al 2016 le morti in Umbria sono circa il doppio delle nascite, la popolazione umbra, già di per sé esigua, sta regredendo. Bassa natalità vuol dire minor forza lavoro per sostenere l’economia e la popolazione più anziana, minor gettito per il pagamento delle pensioni e delle tasse, in generale minore ricchezza per il territorio e forse più di tutto, laddove manca il rumore dei bambini, minore speranza per il futuro, minor entusiasmo per la vita e slancio a costruire.
Il fenomeno dell’inverno demografico è amplificato dalla propensione —in aumento— della popolazione più giovane e preparata a emigrare extraregione (ma il trend è nazionale e rivolto all’estero) alla ricerca di migliori condizioni di lavoro, allorché il lavoro in Umbria negli anni della crisi è diminuito, si è precarizzato, e soprattutto ha perduto produttività, trasformandosi in lavoro dequalificato, ad alta intensità di sforzo e orario a fronte di un basso o bassissimo reddito conferito.
Il (poco) lavoro disponibile è infatti conseguenza certamente della crisi, ma anche di una carenza di lungo corso verso le necessità di innovazione produttiva da parte delle singole imprese, e di infrastrutture di servizio ed efficienza da parte delle istituzioni.
Abbiamo visto come l’impatto più duro della crisi sia stato in larga parte assorbito grazie al welfare familiare che si è spartito il compito con quello pubblico: la famiglia rappresenta un agente molto particolare per lo sviluppo e la tenuta di un territorio.
La famiglia: valore e risorsa sociale e economica
La famiglia è antecedente alla società, come la società è antecedente allo Stato. Per rinforzare una costruzione, anche sociale, affinché possa sostenere i carichi e gli impegni maggiori imposti dallo sviluppo e dalla concorrenza, è importante cominciare dalle fondamenta. L’investimento di risorse finora tuttavia è stato indirizzato prevalentemente nei confronti del singolo individuo che per definizione e natura antepone le proprie esigenze rispetto agli altri individui e dunque rispetto al territorio non esprime un rendimento efficiente per la collettività. L’impressione di essere funzionali allo sviluppo del territorio investendo esclusivamente sull’individuo non tiene così conto del rapporto virtuoso di relazione che esiste tra individuo e famiglia, che stempera gli slanci individualistici ed esalta gli aspetti di empatia sociale (basti pensare all’indotto relazionale che genera la nascita di un figlio); in quanto anche l’individuo nasce e prospera in una famiglia. Ma mentre l’individuo da solo ha limitata capacità di welfare, strettamente correlata alle proprie risorse, il gioco delle relazioni parentali in famiglia consente economie di scala superiori e maggiore versatilità dell’intero nucleo familiare. Anche se esposto in maniera riduttiva, questo è ciò che viene riassunto nel refrain della “famiglia: cellula fondamentale della società”.
Per lo sviluppo della regione puntare sulla famiglia
Una ripartenza dello sviluppo regionale dunque dovrebbe presentare tra le linee strategiche più importanti un corpo di azioni organiche volte a sostenere i nuclei familiari del territorio dando loro la possibilità di affrancarsi dal grande lavoro di welfare messo in atto finora, liberando le risorse per la costruzione di nuove opportunità di sviluppo. Laddove ciò è stato fatto i risultati sono stati rapidi e per certi versi sorprendenti benché attesi.
Ad esempio il grande piano famiglia della Provincia autonoma di Trento, che ha contribuito a rendere il territorio tra i più competitivi nonostante il perdurare della crisi, grazie a un articolato sistema di norme e attività di sostegno ai nuclei familiari che va dalle politiche per l’accompagnamento della natalità e del contributo alle spese per i figli, alle politiche di conciliazione famiglia/lavoro, e tutta una serie di azioni correlate con servizi provinciali e comunali, convenzioni, trasporto pubblico, intrattenimento e sport.
Un caso ben visibile e documentato lo fornisce il comune di Castelnuovo del Garda, il cui “Piano integrato delle politiche familiari”, solo per citare gli effetti sul numero di abitanti, ha incrementi annui dei residenti fino al 7%, ed è passato da un tasso di natalità del 9 per mille (nella media nazionale) al 14 per mille. La ricaduta sul Pil è immediata ed evidente dal grado di benessere dichiarato dagli abitanti del territorio.
Questi risultati non si possono ottenere con politiche spot, ma con azioni mirate al nucleo familiare e sostenute reciprocamente da altre politiche appositamente impalcate per puntellare le famiglie del territorio. Come del resto non si può pensare di fare una politica industriale senza incardinarla con i servizi, i trasporti, l’energia e la tassazione. Il combinato disposto di buone politiche familiari, buone politiche per l’impresa, buoni servizi e efficienza della pubblica amministrazione certamente non potrà modificare il trend economico globale ma può certamente generare un territorio più coeso e solido per affrontare in modo vincente questo momento della storia.