La Sagra musicale umbra è entrata nel vivo. Domenica 15 settembre ha aperto la stagione con la messa in Duomo e la stessa sera al teatro Morlacchi si è svolto il concerto inaugurale. Protagonista della serata l’orchestra filarmonica di Praga, diretta da Jiri Belohlavek e con la partecipazione nell’ultima parte del concerto della soprano Annalena Persson, che ha cantato il bellissimo inno di amore di Isotta per il suo amato Mild und leise, Mite e calmo. Il concerto era diviso in due parti: la prima con Ludwig van Beethoven, Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 la seconda con Richard Wagner Die Walkure, Gotterdammersung, da Tristan und Isolde. Due mondi diversi, affascinanti che si sono confrontati alla pari per genialità d’ispirazione e complessità di scrittura musicale, nonché profondità di sentimento. Una grande serata molto apprezzata dal foltissimo pubblico, estremamente entusiasta, del quale facevano parte anche l’attuale vescovo Bassetti e l’emerito Chiaretti ed alcuni ecclesiastici della curia. Tema conduttore di questa 68a edizione “La trasfigurazione”, un termine difficile, complesso, di non facile lettura, almeno nell’immediato. “Un titolo deve anche stimolare la fantasia – spiega Alberto Batisti, direttore della Sagra a cui abbiamo chiesto di spiegare questa scelta e in quale degli spettacoli in programma questo tema è meglio rappresentato. “Nel percorso della Sagra la parola Trasfigurazione assume diversi significati: da quello antico che è l’equivalente latino e poi italiano di metamorfosi, cioé cambiamento di condizione, per arrivare all’acquisizione di un significato intensamente spirituale con l’associazione all’episodio evangelico della Trasfigurazione sul monte Tabor, dove il Cristo rivela la sua divinità agli apostoli: ‘E videro una grande luce’, dove avviene il passaggio dalla condizione corporea all’immersione nella luce. Anche la musica è trasfigurazione quando c’è la trasformazione del pensiero in suono e il suono in luce. Io ho cercato di proporre un programma dove si potessero cogliere tutti questi elementi”.
In quali opere lo spettatore ha potuto o potrà cogliere questi elementi?
“Direi nel concerto inaugurale, dedicato a Wagner, soprattutto nell’ultimo pezzo Preludio e trasfigurazione di Isotta, dove si assiste ad una uscita dalla condizione del tempo, dello spazio, della materia e Isotta, nell’unirsi eternamente al cadavere di Tristano che è morto, non intona un canto funebre, un canto di morte, ma – come dice Wagner – si trasfigura. Oppure nello Stabat mater di Hayden, eseguito dall’Accademia Hermans. È un’altra grande partitura consacrata alla trasfigurazione musicale del dolore, quello di Maria ai piedi della croce. Un dolore per la morte del Figlio, un dolore che finisce con la parola paradisi gloria perché poi è tutto un aprirsi alla speranza, con la consegna dei cuori a Maria che attraverso la trasfigurazione di questo dolore diventa via verso la gloria eterna del paradiso e della luce”.
Domenica 22 settembre la chiesa di San Bevignate a Perugia ospiterà la parabola da chiesa Curlew River di Benjamin Britten.
“È uno degli appuntamenti più importanti dell’intero programma, un’opera che Britten, uno dei più grandi compositori del ’900, realizzò di ritorno da un viaggio in Giappone, dove era rimasto colpito da una rappresentazione teatrale tipicamente giapponese. Negli anni cercò di rielaborare la tipica tensione spirituale del teatro giapponese medievale, fatta di simboli, di concentrazione gestuale, in un linguaggio occidentale. Da qui nasce Curlew River che non è altro che una geniale fusione tra la stilizzazione simbolistica del teatro ‘No’ giapponese e la sacra rappresentazione liturgica medievale. La storia è tratta da un antico autore giapponese del 1400: i protagonisti sono tutti uomini, dei religiosi. Entrano in scena cantando il gregoriano. C’è poi un abate, è lui che racconta la storia che viene rappresentata dagli stessi religiosi. C’è una barca, in realtà una vasca e un traghettatore. All’improvviso entra una donna in preda alla follia per aver perso il figlio: vuole andare sull’altra sponda del fiume, dove c’è un santuario miracoloso. Dopo varie insistenze riesce a farsi traghettare. Di là gli appare il figlio deceduto per un ultimo addio. Il finale si trasforma in un’esperienza trascendente per la donna, per la quale l’apparizione del fanciullo diventa occasione di redenzione, e da quel momento si libera dall’insania mentale. È la seconda volta che questa storia viene rappresentata in Italia – conclude Batisti – La prima occasione fu nel 1965 sempre per la Sagra musicale.