Succede di vedere, come oggi, in ben due foto di una stessa pagina di un quotidiano due personaggi politici con il dito puntato ad additare accusa e sfida. Dito puntato nelle parole e negli atteggiamenti rivolti a ricercare e “additare” colpevoli o sospettati. Quando non ci sono prove evidenti sopravvengono i sospetti. Sospettati i giudici e anche gli avvocati in ambito giudiziario, accuse e sospetti verso i politici avversi, di ieri e di oggi, sospetti sulla Chiesa, le sue gerarchie e i suoi membri più impegnati, i preti, gli educatori. Accuse e sospetti all’interno delle famiglie che talvolta, per fortuna raramente anche se sempre in numero eccessivo per essere tollerato, sono all’origine di efferati delitti e stragi. Domina nelle persone un alto senso di sé e del proprio valore e un corrispondente giudizio negativo nei confronti dell’altro con cui ci si è scontrati per qualsiasi motivo, grave o futile. A parte gli episodi di cronaca nera, che qui non vogliamo prendere in cosiderazione, l’ultimo esempio del puntare il dito è stato quello offerto da Bossi contro gli ex-democristiani, con il tono del profeta rozzo e minaccioso. Non si erano ancora sopite le polemiche sul riferimento fatto alla Camera da La Russa (An) in merito ai legami tra Dc e tangentopoli, che Bossi lancia in termini semplificatori e volgari, ai quali non è nuovo, un’invettiva contro gli ex democristiani. In un’intervista al giornale Repubblica, amplificata dai telegiornali del 13 scorso, ha dichiarato tra l’altro: “Il Nord non si dimentica di chi lo ha rapinato. Negli anni Settanta furono Moro e Berlinguer a togliere agli enti locali i soldi…” Poi aggiunge attaccando i centristi accusati di vivere “una stagione di realtà virtuale” e continua: “se tornasse questa stagione il Nord si alzerebbe in piedi al grido di ‘ladri, ladri’ e si ribellerebbe”. Bossi, che è un ministro del governo Berlusconi (quello che disse che con la bandiera italiana si sarebbe pulito il…) torna poi sul tema dicendo che “Ccd e Udc non c’entrano. Quando parlo di Dc parlo di storia, di un’esperienza che è morta per sempre ed è morta male, perché si dimostrarono schiavisti nei confronti del Nord”. Molte sono state le proteste da parte degli ex democristiani dell’uno e dell’altro polo ed anche il nostro senatore umbro Ronconi (Udc) ha chiesto una verifica della maggioranza. Potremmo sorvolare sulla questione della conflittualità tra i partiti e le componenti delle coalizioni, e neppure ci soffermiamo sull’orgoglio democristiano ferito a morte non da oggi, e non certo soltanto da An e Lega, ma da tanta parte della sinistra, che ha cavalcato la linea dell’accusa e del sospetto per tutto il periodo della maggioranza democristiana. Ci sembra tuttavia che si debba salvaguardare l’onore di quei tantissimi cattolici e uomini liberi e onesti che hanno operato al vertice e alla base della vita pubblica italiana per cinquant’anni ed hanno contribuito in maniera determinante a realizzare tutto quello che di buono c’è nel nostro Paese, dalla libertà al benessere. E vorremmo anche limitarci ad osservare come la cultura del sospetto, che coincideva con la filosofia del sospetto (Marx, Nietzsche, Freud) sposata dalla sinistra, sia passata in alcune aggregazioni politiche di destra che ne usano senza ritegno, nel caso Bossi, e in modo subdolo e ipocrita da altri. Ci dispiace solo che qualcuno, democristiano doc, abbia avallato l’idea che “pensare male è peccato ma spesso si indovina”. Sarebbe il caso di puntare il dito più di frequente verso se stessi, prendendosi le proprie responsabilità, anche quando si parla da certe tribune, non facendo di ogni erba un fascio. Anche noi abbiamo da queste colonne criticato comportamenti equivoci illegali e immorali. Ma non possiamo accettare che vengano liquidati sbrigativamente cinquant’anni di impegno cattolico nella vita sociale e politica del nostro Paese.
Il dito puntato
AUTORE:
Elio Bromuri