Il carcere oltre le mura

Incontro promosso dalla Caritas: l'impegno dei volontari per fare da "ponte" con la città

“Guardando oltre le mura” è il titolo della conversazione organizzata dai responsabili della Caritas diocesana all’interno delle mura della nuova Casa circondariale di Capanne a Perugia. Nel nuovo carcere, dove ancora non sono stati trasferiti gli ospiti della struttura di piazza Partigiani, don Lucio Gatti ha guidato un momento di riflessione che ha visto impegnati i volontari, i responsabili delle Caritas zonali e anche molti giovani e giovanissimi accompagnati da animatori e parroci. A fare gli onori di casa la direttrice del Carcere Bernardina Di Mario, Antonio Sedis comandante della Polizia Penitenziaria di Perugia e Tiziana Quinatrelli educatrice presso la struttura di piazza Partigiani già dal 1978, con loro mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve. “Guardare oltre le mura e prendere coscienza della realtà del carcere, senza fissare lo sguardo sulla pena, ma collaborare al processo di liberazione” così ha esordito don Lucio, che ha voluto mettere in luce alcuni aspetti del volontariato. Si è parlato a lungo di “fratelli chiusi dentro una struttura che hanno bisogno di sentire qualcuno vicino che partecipi ad un lavoro educativo; un lavoro fatto di piccoli gesti che possano sensibilizzare il resto della società”. Questo il tema centrale della giornata, la visita ai carcerati letta come una delle sette opere di misericordia, ma anche come impegno sociale serio e responsabile, un tema portante sul quale tutti i relatori hanno focalizzato la loro attenzione. La direttrice Di Mario ha parlato di un “ponte” fra carcere e città, un progetto nuovo, facilitato dalla grande struttura, aperto alle iniziative pubbliche, per “riabilitare” un luogo che dall’esterno è spesso visto in maniera sconveniente e non come il luogo del recupero e del reinserimento. Dal mosaico degli interventi si è delineato così una sorta di profilo del volontario, caratterizzato da impegno, serietà, costanza e fiducia, una silhouette ritagliata sull’esperienza di molti e che ha coinvolto le circa duecento persone presenti in sala. La nuova struttura, che “esce dalle mura della città” e se ne allontana, vivrà proprio dell’intervento dei volontari evitando una ghettizzazione dei detenuti nella campagna perugina, dove non si potrà più sentire il rumore della vita esterna, il vociare della gente, il rumore delle auto. Gente comune, con i propri limiti che potrà riportare la vita esterna dentro le mura. Prima della conclusione l’intervento del Vescovo ha posto l’accento sulla necessità di adoperarsi per un lavoro organizzato che si appoggi non solo ad un “buon cuore, ma anche ad un buon cervello per un intervento lucido nella collaborazione”. “È povero colui che è nel bisogno” ha poi aggiunto ancora mons. Chiaretti, ” e voi avete dei poveri specifici da soccorrere”. “Non è facile far nascere la vita e la speranza in una dimensione che è morte della speranza e speranza di morte” ha detto Feliciano Ballarani, dell’Associazione perugina di volontariato, che da venti anni fa volontariato in carcere, con sua moglie Irma, condividendo l’opera dei coniugi Tiriduzzi. La platea ha inoltre aperto una problematica tutta perugina, sulla mancanza di una struttura che possa ospitare i detenuti in permesso premio. Ha concluso l’incontro don Lucio lanciando una provocazione: se ogni parrocchia si organizzasse per ospitare anche solo un detenuto nei periodi del permesso premio forse si potrebbe iniziare ad arginare la questione.

AUTORE: Gaetano Fiacconi