Giornale italiano del 25 giugno 2014. Ultima pagina, quella dove si accalcano i rimandi dalle pagine interne. Leggo: “Ma certo un morso non era il non plus ultra del buon gusto per suggellare il funerale che ci riporta in Italia”. Ci avete capito niente? Io no. Ma basta ritrovare nelle pagine interne quello che l’articolista scriveva prima di questa misteriosa conclusione, e tutto si chiarisce.
Il morso è quello che il calciatore uruguagio Luis Suarez ha rifilato al difensore della Nazionale italiana di calcio, Chiellini, un attimo prima che il suo capitano, Godin, partito come una furia dalla sua area di rigore, raggiungesse a velocità supersonica – e senza incontrare ostacoli di sorta – la nostra area e fulminasse Buffon con un pallone… colpito con la spalla. Rispedendoci a casa,
Quel morso, per quello che ci riguarda, ce lo siamo ampiamente meritato. Dopo settimane, mesi, anni di chiacchiere e chiacchiere e chiacchiere, i nostri undici devoti di Eupalla sono affondati nel ridicolo: una mezza partitella con l’Inghilterra e poi due caricature di partita, con la Costarica e con l’Uruguay: 80 palle perse negli scontri diretti, 11 fuorigioco gratuiti. Ridicoli, quasi come la presentatrice Rai, che per l’occasione aveva indossato un vestitino in bianco e nero talmente aderente da farla assomigliare al tubetto di un dentifricio sul punto di scoppiare.
Ma per quello che riguarda loro, quelli che ci hanno messo sotto in maniera così sprezzante, quel morso merita, se non un mese ignaziano, almeno dieci minuti di riflessione assoluta. Anche perché non è l’unico. Prima della partita con noi, si aveva contezza di altri due morsi affibbiati dal centravanti del Liverpool, uno al braccio del difensore del Chelsea Branislav Ivanovic (10 giornate di qualifica) e uno sulla spalla di Bakkal del Psv Eindhoven quando giocava ancora nell’Ajax (7 giornate di squalifica). Poi però il tabloid inglese Daily Star ha scoperto altri cinque morsi, precedentemente affibbiati e tenuti nascosti dalla Federazione uruguayana. Otto morsi, totale.
A questo punto, sulla vicenda qualcuno ci deve fare una tesi di laurea, a partire dalla domanda: che fanno i nostri giocatori quando non giocano e non si allenano?
Tesi difficile, data la precaria varietà delle risposte iniziali: Pagliuca (dicono) è ogni giorno alla ricerca di una ragazzotta alla quale togliere le ragnatele, Rivera (dicono) ha fatto soldi a palate, Tardelli (dicono) s’è dedicato a sfasciare la famiglia, seguito a ruota (dicono) da Buffon il saggio.
A questo punto, l’unica risposta sicura è quella che riguarda Luis Suarez. Il tempo libero, il nostro piccolo miliardario lo passa quasi sempre nell’officina di un suo non meglio precisato “secondo cugino”. In un angolo. Protetto da sguardi indiscreti. Le mani sono impegnate ad affilarsi i denti con la ruota smeriglio, ma la testa è già tutta alla prossima partita. Partita a morsi, se sarà possibile.