Abbiamo incontrato il cardinale nostro arcivescovo Gualtiero Bassetti appena rientrato da Gaza con la delegazione della Conferenza episcopale italiana (Vedi articolo). “Ho ancora negli occhi – ci ha detto – il volto immobile ed inespressivo di una bimba, come una statuina di cera, gravemente affetta da epilessia, affidata alle suore di Madre Teresa insieme a tanti altri bambini malati”. La sofferenza è stata la cifra di spiegazione del viaggio da Roma a Gaza. “Quello che mi ha fatto effetto – racconta Bassetti – è aver visto una città che è prigione. Un milione e ottocento mila persone circondate da un muro”. È il muro costruito dagli israeliani per proteggersi dai razzi, obbligando i palestinesi a lunghe ore di attesa, ogni giorno, per attraversarlo dal’unico valico controllato dall’esercito israeliano. “Quello che mi ha colpito di più – aggiunge il cardinale – è il buio di Gaza. Di notte è senza luci, la corrente elettrica c’è solo per sei ore, ed anche l’acqua non c’è”.
Gli è rimasta impressa la vista di “una lunghissima via che attraversa la città, in cui è rimasta in piedi una sola casa, mentre tutto il resto sono macerie, in mezzo alle quali i bambini giocano e gli adulti cercano il ferro da rivendere”. Abbiamo domandato perché la Cei ha deciso di andare a costo di far dispiacere alle autorità israeliane? “Siamo stati invitati dal Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal a visitare la parrocchia cattolica di Gaza”, e sono andati portando, con la loro presenza, un segno di vicinanza e di condivisione delle sofferenze degli abitanti di una grande città. Il Cardinale ha apprezzato la vivacità della parrocchia cattolica presente in una popolazione a grandissima maggioranza musulmana. Della visita alla località israeliana di Sderot, vicina ai territori palestinesi, obiettivo dei missili palestinesi, lo ha colpito il bunker antimissile dipinto a colori vivaci come un grande bruco così da rendere come un gioco per i bambini entrarvi ogni volta che suona l’allarme antimissile. Il cardinale ha tanto da raccontare, ma il senso della visita lo riassume nel desiderio che è prima di tutto di papa Francesco, fare gesti concreti ed efficaci di carità, andare nelle periferie del mondo là dove è maggiore la sofferenza e la passione degli uomini, dare messaggi di pace là dove l’odio trionfa.
La convinzione è che “la pace sarà possibile solo se a parlare saranno i moderati di entrambe le parti” e che un accordo di pace potrà esserci se sarà basato su fatti come “il riconoscimento reciproco dello Stato palestinese e dello Stato israeliano”. Dal viaggio ha tratto la convinzione che qualla popolazione pur provata non è sconfitta, né rassegnata, ma cerca contatti e desidera rimanere collegata con il resto del mondo. Bassetti è rimasto anche colpito positivamente dalle due grandi scuole gestite dai cattolici in cui le differenze e le divisioni sono superate, frequentate da 2000 ragazzi e giovani dalla scuola primaria fino alle superiori da musulmani, ortodossi e cattolici. Questi ultimi sono davvero pochi ma si può dire che sono l’anima e il cuore dell’istruzione, mentre la Caritas ha da tempo riversato grande interesse e importanti contributi sia nelle scuole cattoliche, in una delle quali la Cei ha finanziato una bella ampia aula magna, che nelle altre strutture della parrocchia.