Un immigrato irregolare è morto di fatica – letteralmente – mentre lavorava come bracciante agricolo, pagato una miseria, naturalmente in nero. Episodi simili si ripetono in Italia. Quando succedono, ci si indigna contro i “padroni” esosi e spietati e contro l’inefficienza di chi dovrebbe vigilare a tutela dei lavoratori. Tutto giusto; ma la realtà è assai più complicata.
Ma chi comanda il mercato?
Il fatto è che negli ultimi decenni la filiera agroalimentare – il percorso fanno che i prodotti dal campo alla nostra tavola – si è fatta molto lunga. Passa attraverso diversi livelli di grossisti, centrali di acquisto e industrie di trasformazione; culmina nella grande distribuzione, le catene di supermercati. A ogni passaggio, qualcuno si intasca un pezzetto di quello che alla fine il consumatore pagherà.
Ma chi comanda il mercato e stabilisce il prezzo finale al consumatore è la grande distribuzione. La filosofia del supermercato è che il cliente, anche se entra solo per comperare un litro di latte, più cose vede, più gli viene voglia di comprarne. Bisogna dunque attirarlo promettendogli prezzi stracciati per gli alimenti di base, quelli di cui non potrebbe fare a meno – il pane, la pasta, la salsa di pomodoro, le verdure – così che gli restino ancora abbastanza soldi per comperare tutte le altre cose, dai cosmetici al cibo per cani e gatti (un tempo alle amate bestiole si davano gli avanzi e gli scarti di cucina, e poi che si arrangiassero con i topi). Ma se il prezzo finale lo decide il supermercato, chi lavora nelle fasi precedenti deve adeguarsi.
Più debole del coltivatore è … il bracciante
Tutto poi si scarica sul coltivatore, che non ha margini di trattativa: se non accetta quel pochissimo che gli offrono, i suoi pomodori restano sul campo, e la grande distribuzione si rifornirà dove il lavoro costa meno, magari in Africa o in Cina.
Più debole ancora del coltivatore è il bracciante clandestino; ma in realtà tutti e due sono sfruttati, anche se fra di loro non c’è comunanza di interessi né tanto meno solidarietà. E almeno un pochino, chi se ne approfitta è il consumatore. Pensateci, quando riempite il carrello.
Gentile lettore Cecchini,
grazie per l’attenzione e per il Suo contributo alla riflessione.
Il mio scopo non era quello di dare giudizi morali o tanto meno di sostenere linee politiche.
Ho cercato, invece, di spiegare come funzionano certi meccanismi economici e perché si producono certi fenomeni.
Il successo travolgente della grande distribuzione organizzata, e la conseguente crisi del piccolo commercio al dettaglio, non sono stati propiziati, come dice Lei, da una “ideologia politica” (quale, poi?) ma dallo sviluppo tecnologico (per esempio: l’avvento del frigorifero domestico) e dall’adesione spontanea di milioni di consumatori. Sono fenomeni che si sono verificati allo stesso modo in tutti i paesi del mondo. E adesso, con la diffusione del commercio “on line”, si sta producendo un’ulteriore trasformazione.
Tutti i grandi fenomeni sociali sono il frutto di comportamenti individuali di massa, e questi cambiano perché l’evoluzione tecnologica rende possibili e convenienti scelte che prima non erano neanche immaginabili. Arrestare questi fenomeni è praticamente impossibile; possibile è (sarebbe) governarli in modo da evitarne gli effetti perversi, ma per riuscirci bisogna prima capire bene come e perché stiano accadendo. Conoscerne le cause: le “cause”, non le “colpe”.
Grazie anche per l’augurio di buona estate, che ricambio cordialmente.
Pier Giorgio Lignani
Ho letto l’articolo del Dott. Lignani di Venerdì 2 Luglio e ho capito 2 cose : 1° la grande distribuzione sfrutta i lavoratori (soprattutto immigrati) impiegati nel settore agroalimentare 2° la colpa è anche mia che compro attraverso la grande distribuzione. A parte la solita nota di autorazzismo che ci sta sempre bene, a questo punto vi chiedo: l’ideologia politica che ha “strizzato l’occhio” alla grande e grandissima distribuzione e che ha permesso la distruzione del piccolo commercio al dettaglio, di prossimità, svuotando i paesi e i borghi italiani, non sarà mica anche quella che ha tifato e tifa per il lockdown, che chiude tutto e tutti tranne la grande distribuzione? saranno poi mica gli stessi che tifano e sovvenzionano le ONG affinché svolgano il loro lavoro di umanitario soccorso ma che, guarda caso, procura poi la manodopera lowcost alla catena agroalimentare? Un saluto e l’augurio di buona estate al Dott. Lignani e a tutta la redazione!