Il Santo Padre, nel suo discorso alla Curia romana del 20 dicembre, fa riferimento ad una visione di santa Ildegarda, dove il volto della Chiesa è coperto di polvere e il vestito è stracciato per colpa dei peccati dei sacerdoti. Perciò, facendo un particolare riferimento al dramma della pedofilia, il Papa si domanda cosa abbiamo sbagliato nell’annuncio e all’interno del nostro modo di configurare l’essere cristiano, in modo che certe cose non accadessero.Cerco di dare una breve risposta con l’esperienza che ho acquisito in dieci anni di visite apostoliche ai Seminari d’Italia.1) Il sacerdote deve essere un uomo vero e appassionato della vita. Nella chiamata degli apostoli la prima cosa che Gesù ha valorizzato è stato l’“umano”, la loro umanità, il loro “cuore”, la loro “ragione”, dentro un continuo paragonarsi con il loro destino. Oggi, purtroppo, diversi seminaristi sono ancora dei giovani con poca esperienza di vita, che passano dal grembo familiare a quello del Seminario, perché viviamo in un clima culturale e sociale di forte riduzione dell’umano e quindi dell’io.In tale contesto, se l’uomo, secondo la cultura attuale, è davvero ridotto ai suoi antecedenti biologici, psicologici e sociologici: cos’è la vocazione? Qual è il compito del sacerdote? Può essere allora facile per il candidato al sacerdozio fuggire dal reale per rifugiarsi nello spiritualismo, nel formalismo, cercando alternative e compensazioni che rendano sopportabile la vita. Oppure può esserci il rischio opposto, quello della omologazione, cioè della conformazione al clima culturale che vorrebbe tutti assistenti sociali, psicologi, operatori culturali o politici.Purtroppo, ho constatato che la decisione con cui si vive la propria vocazione deriva spesso dalle decisioni con cui viviamo il nostro essere umano. Solo dentro una vibrazione umana autentica possiamo conoscere Cristo e lasciarci affascinare da lui: riconoscere che Cristo è il termine del cammino del mio cuore, quindi della mia vita e della vita di tutti. Solo così è possibile avvertire tutta la bellezza della nostra umanità e tutta la forza attrattiva del Cristo, fino a donargli la vita per farlo incontrare e conoscere agli altri. Occorrono nei Seminari educatori che siano all’altezza di tale compito, che sappiano valorizzare tutto l’umano che c’è nei seminaristi, che riescano tirar fuori il meglio da ciascuno, andando a fondo in tutte quelle che sono le problematiche del cuore umano. Sono profondamente convinto che quella che nella nostra società chiamiamo “crisi dei giovani” altro non è che crisi degli adulti. 2) Un uomo innamorato di Cristo. Altro aspetto importante della formazione al sacerdozio è quello di essere presbiteri innamorati di Cristo e del suo Corpo che è la Chiesa. Il rapporto con Cristo deve essere realmente vissuto dentro una dinamica di amore vero, forte, profondo, non sentimentale o sdolcinato. Ma il sacerdote non deve solo amare Cristo, deve anche sentirsi profondamente da Lui amato ed averne sperimentato tutto l’amore e la misericordia: solo così è possibile avere tenerezza e comprensione per gli altri.3) Un uomo aperto alla fraternità. Oggi si parla di unità pastorali, di “nuove strategie di evangelizzazione”. Ma affinché le unità pastorali funzionino, occorre che vi sia la piena comunione dei sacerdoti anche attraverso forme di vita fraterna. Quanto formano a ciò i nostri Seminari? Il Vangelo ci testimonia che tra le primissime cose che Gesù ha fatto è l’aver costituito una fraternità apostolica che aveva come scopo primario “lo stare con Lui”. Nella società in cui viviamo, che si contraddistingue per uno spiccato senso all’individualismo e quindi alla solitudine, vivere lo spirito della fraternità sacerdotale diventa anche una limpida forma di testimonianza.
Identikit di un vero sacerdote
Nel suo discorso alla Curia, il Papa ha fatto riferimento allo scandalo dei preti pedofili. Un commento dell’arcivescovo Gualtiero Bassetti, visitatore apostolico per i Seminari d’Italia
AUTORE:
† Gualtiero Bassetti