Due giorni fa, proprio mentre stavamo preparando questo numero de La Voce è stato ricordato il quarto anniversario del terremoto del 1997. Ricordato da chi, si dirà. Dai giornali, evidentemente, anche da noi che vi abbiamo dedicato una pagina del numero scorso. Ma in generale tutto è rimasto sotto silenzio. I fatti internazionali hanno avuto il netto sopravvento nell’interesse delle persone e nulla è considerato equiparabile a ciò che è avvenuto l’11 settembre scorso. Non si può, tuttavia, dimenticare che vi sono ancora delle famiglie e delle comunità che soffrono per le conseguenze del sisma. Come abbiamo scritto nel numero scorso vi sono ancora molte cose da fare e molti problemi da risolvere. “Non si tratta di fare denunce e lamentele”, come ci ricorda mons. Arduino Bertoldo, vescovo di Foligno, una diocesi che ha molto sofferto per quelle tragiche scosse che hanno fatto crollare anche il torrino del palazzo comunale, simbolo della città. Una diocesi che attende ancora il restauro delle 61 chiese danneggiate del suo territorio.
E tuttavia, nonostante che la ricostruzione sia stata lenta e sia lenta tuttora, afferma mons. Bertoldo, “ringrazio Dio perché la maggior parte delle persone sono ritornate a casa o nelle casette di legno ed hanno potuto lasciare gli incomodi container e ringrazio tutti coloro che in modi e responsabilità diverse hanno contribuito alla ricostruzione”. Non tutto è al punto giusto anche per coloro ai quali sono state assegnate le case popolari che non sentono come casa propria. Abbiamo domandato a mon. Bertoldo e anche a mons. Orlando Gori. vicario di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino: “Allora, dopo quattro anni, non avete finalmente cantato il Te Deum di ringraziamento?” No, hanno risposto, niente Te Deum. Sarà cantato solo alla fine. Il presente è ancora il tempo dell’impegno e del lavoro serio, il tempo della speranza. Si spera, infatti, che ormai nella prossima primavera i cantieri potranno lavorare a pieno ritmo per ricostruire gli edifici legati ai Pir (programmi integrati di recupero) restituendo vitalità ai centri storici e ai monumenti pubblici ecclesiastici e laici.