La relazione annuale del Presidente della corte d’Appello sull’andamento della giustizia in Umbria è un documento essenzialmente tecnico, e solo gli addetti ai lavori possono comprenderne tutti i risvolti. Ed è naturale che sia così. Ma quest’anno il presidente Antonio Buonajuto non ha mancato di arricchirla di riflessioni morali e civili che meritano di essere raccolte anche fuori dal palazzo di giustizia. Così l’amarezza per un mondo nel quale fanno notizia solo i fatti delittuosi ‘e di questi brandelli di realtà i giovani assorbono, attraverso le rappresentazioni mediatiche, soltanto i contenuti trasgressivi e seduttivi, ignari di quella ‘normalità’ che nessuno descrive e che è invece la principale nutrice di progresso e democrazia’. Per il resto, molti dati interessanti e significativi ma nessuna vera novità. La crisi della giustizia civile e penale è sotto gli occhi di tutti da troppo tempo perché possa sorprendere. È una crisi strutturale, alla cui radice c’è l’enorme sproporzione fra la ‘domanda di giustizia’ (cioè, in pratica, il numero dei procedimenti che vengono aperti) e la capacità di risposta del sistema giudiziario. Basti pensare che alla Procura di Perugia ogni magistrato si vede assegnare 3.500 pratiche nuove all’anno, diciamo dieci al giorno compresi i festivi. In quelle pratiche c’è di tutto, anche quei delitti che richiedono mesi di indagini. Come si può pretendere che il sistema funzioni? D’altra parte la legge vuole che ogni causa venga trattata con le dovute formalità e che ogni interessato possa difendersi fino in fondo. Se a questo si aggiunge che fra le parti in causa ce n’è quasi sempre qualcuna che ha tutto da guadagnare a mandare le cose in lunga, e la legge gli offre i pretesti per farlo, si capisce perché troppi processi non vedano mai la fine. E ancora: il settanta per cento delle cause pendenti davanti ai giudici di pace sono opposizioni a contravvenzioni amministrative (divieti di sosta, eccessi di velocità, semafori e via dicendo). Quasi sempre – questo Buonajuto non l’ha detto, ma è così – chi fa ricorso è realmente in colpa, ma va a caccia di cavilli per non pagare. Anche tutto l’enorme contenzioso civile – di nuovo, Buonajuto non lo ha detto, ma è così – nasce perché ci sono troppe persone che sanno di essere in torto, ma non vogliono ammetterlo. Alla base di ogni grave problema sociale ci sono comportamenti irresponsabili e perversi che sembrano piccola cosa in sé, ma provocano disastri quando diventano un fatto di massa. Ma c’è anche qualche segno confortante. In occasione dell’inau- gurazione dell’anno giudiziario, l’aula magna della corte d’Appello è stata intitolata al nome di Giampaolo Goretti, un magistrato esemplare scomparso da poco. Un uomo sconosciuto al grande pubblico: per quaranta e più anni ha fatto (benissimo) il suo lavoro in punta di piedi e nell’ombra, senza protagonismi, senza ostentazioni, senza fare favori e senza chiederne. Si poteva pensare che non avrebbe lasciato traccia di sé. Invece è stato onorato come mai nessuno prima. Alla fine, quelli che si affermano sono i valori veri.