I musulmani e l’Europa

Molte polemiche - troppe - sul referendum svizzero contro i minareti. Ma il vero punto fondamentale nei rapporti con l’islam è un altro

Il coro di meraviglia e di protesta che si è levato da ogni parte per lo stop ai minareti, deciso dal referendum in Svizzera, francamente sembra eccessivo. Non mi sembra che l’islam trovi da qualche parte un freno alla sua espansione mondiale ed europea. Secondo un’importante agenzia di statistica statunitense specializzata in simili ricerche (il Pew Research Center Forum on Religion & Public Life; documento Mapping the Global Muslim Population: A Report on the Size and Distribution of the World Muslim Population) i musulmani nel mondo ammontano ad un totale di 1.570 milioni, circa un quarto della popolazione mondiale (23 per cento). I due terzi vivono in Asia. A questa ricerca hanno collaborato 50 esperti di scienze demografiche che operano nei cinque Continenti. Per quanto riguarda i musulmani che vivono in Europa, il Rapporto smentisce che la maggior parte di loro siano immigrati. Quest’idea vale solo per i Paesi occidentali, mentre in Russia, in Albania e in Kosovo i musulmani sono parte della popolazione nativa e costituiscono più della metà del numero dei musulmani nel Vecchio Continente. In Russia ad esempio ve ne sono più di quanti ve ne siano in Giordania e in Libia; così in Germania ve ne sono più che in Libano. È evidente segno di civiltà e di democrazia che tutti costoro siano liberi di praticare la loro religione, senza peraltro pretendere di allargare la loro sfera di influenza su popolazioni e territori dove vanno a sistemarsi per le ragioni più differenti. La smania di espandersi e conquistare l’Europa, mai sopita lungo tutta la storia dal VII secolo ad oggi, deve essere riconsiderata anche dai leader di quella religione alla luce della storia e del rispetto delle culture che trovano sul loro cammino. Non possiamo dimenticare il cannoneggiamento avvenuto nel 2001 (non nel Medioevo) contro le statue dei Buddha di Bamiyan, considerate retaggio di una religione pagana pre-islamica che dovrebbe scomparire dalla faccia della terra, secondo il pensiero islamico ortodosso per il quale tutta la terra è destinata ad essere una moschea. La questione del minareto, inoltre, non rientra direttamente nel diritto alla libertà religiosa, in quanto è una costruzione simbolica, segno di presenza e di potenza, che nel mondo attuale non può avere la funzione dell’invito alla preghiera fatta dal muezzin. Più che di minareti, i musulmani che sono nei nostri Paesi hanno bisogno di rispetto, di essere riconosciuti nei loro valori, di essere integrati nella gestione del lavoro e della vita sociale, facendo inoltre comprendere loro che l’Europa non è terra di conquista, ma di accoglienza, che esige rispetto, moderazione e conoscenza. Ai nostri politici e intellettuali che si ritengono progressisti forse è bene ricordare che dovrebbero conoscere meglio l’islam, non per quello che fa solamente – e sarebbe già importante – ma per quello che è nella sua struttura dottrinaria fondamentale. Detto ciò, è da rigettare come non cristiano e non civile ogni atteggiamento e comportamento rozzo e offensivo nei confronti dei musulmani. La barra dell’impostazione di questo delicato tema è il pensiero del Concilio Vaticano II, che invita al rispetto e al dialogo, con la consapevolezza sia di ciò che unisce, sia di ciò che divide.

AUTORE: E. B.