I ‘mille giorni’ passati tra la sua gente

In una lettera pastorale mons. Chiaretti fa il punto dei cinque anni di 'visite' nelle parrocchie e ringrazia i parroci per l'accoglienza

Si potrebbero chiamare i mille giorni di Chiaretti quelli trascorsi dall’Arcivescovo tra la gente e con i sacerdoti delle parrocchie della diocesi. Un periodo di cinque anni per i quali nella lettera pastorale può dire ‘Ho visitato il mio popolo’ e raccontare quello che ha visto e sentito. Tutta la lettera è pervasa da un sentimento di gratitudine, espresso con parole calde verso ‘tutti coloro che hanno reso possibile questo mio servizio, che non era più attuato nella sua completezza da molti anni; ma ancor più sono grato – scrive mons. Chiaretti – alla Provvidenza misericordiosa di Dio e alla cara Madonna delle Grazie, nel cui nome l’ho cominciato e nel cui nome lo concludo’. Un grazie tutto speciale è indirizzato ai parroci, sia per l’accoglienza che hanno preparato e per la buona riuscita della visita pastorale, sia soprattutto per il lavoro che svolgono tra la gente: ‘Come non ringraziarli per l’affetto, la pazienza, la semplicità con cui stanno con la gente, per lo più soli in casa ma sempre disponibili alle varie richieste, con i loro limiti, certo, ma anche con la loro fedeltà?’. Vengono ricordate inoltre tutte le varie categorie di persone che formano la parrocchia e sono elementi vitali della comunità. La lettera pastorale però, non è soltanto manifestazione del sentimento della gratitudine, ma riporta anche, in sintesi, una fotografia della situazione che l’Arcivescovo ha potuto farsi in questa visita che lo ha portato a diretto contatto con le varie porzioni della sua Chiesa diocesana. Il pastore nota con amarezza che nei fedeli della sua comunità si trovano molte caratteristiche che sono proprie del mondo contemporaneo, rintracciabili anche nei piccoli centri sperduti. ‘È in corso un degrado progressivo della fede e dei comportamenti cristiani – afferma l’Arcivescovo – che non hanno oscurato l’identità formale, ma stanno determinando nei più deboli il distacco di fatto dalla fede e dall’appartenenza cristiana’. Questo pensiero viene sviluppato nella lettera pastorale con l’incisiva descrizione delle fasi del processo di secolarizzazione segnato dal passaggio dal consumismo alla ‘dittatura del relativismo’, come l’ha chiamata papa Ratzinger, che comporta la perdita di ogni riferimento a norme morali oggettive e il ricorso all’unico criterio del capriccio individuale. Non è una visione catastrofica, tuttavia, perché mons. Chiaretti, nella sua visita pastorale, dalle ceneri di un cristianesimo tradizionale e sociologico, ha intravisto sorgere una nuova cristianità, più forte e vigorosa. Dove siano i segni di questa nuova cristianità nascente è ancora oggetto di riflessione e la lettera non lo dice in modo analitico, ma dice chiaramente che si tratta di ‘strade nuove’ genericamente dette ‘carismatiche’, come li ha chiamati il Papa, alcune già in atto e altre da inventare. Sembra invece che vi sia minore fiducia nella efficacia evangelizzatrice della vecchia strada della devozione popolare. ‘Quel che non si può più tollerare dopo la visita pastorale- afferma mons. Chiaretti – è far finta che i problemi non esistono o non riguardano la propria parrocchia, o non ci sia bisogno di innovazione, o sono innovazioni che possono fare soltanto i giovani’. Un ammonimento esplicito a tutti gli operatori pastorali a mettersi in gioco per un rinnovamento dell’impegno pastorale. Di questo impegno tratta tutta la seconda parte della lettera pastorale e che sarà il tema del prossimo sinodo di cui la visita pastorale è stata preparazione, premessa e fondamento.