I laici nella storia della Chiesa protagonisti attraverso le confraternite

Convegno a Perugia

‘Le confraternite laicali in Umbria in età moderna e contemporanea: storia istituzionale e archivi’ è stato il tema intorno al quale, martedì 27 marzo scorso, si è svolta a Perugia, nelle Logge di San Lorenzo, una giornata di studio promossa dalla Soprintendenza archivistica per l’Umbria e dall’Associazione nazionale archivistica italiana – sezione Umbria. Un’occasione per valutare e porre all’attenzione degli studiosi, del settore storico e archivistico, le importanti testimonianze relative alla storia e all’attività di tali associazioni. ‘Testimonianze ‘ spiega Mario Tosti, professore straordinario di Storia moderna presso l’Università di Perugia oltre che docente di Storia della Chiesa moderna e contemporanea presso l’Ita di Assisi e presidente dell’Isuc (Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea) ‘ che sono ancora oggi custodite negli archivi delle confraternite o negli archivi di Stato’.Quando nacquero le prime confraternite? ‘Cominciarono a ramificarsi nel tessuto della società dopo la crisi e il profondo rimescolamento etnico e culturale determinati dall’ingresso in Europa dei nuovi popoli di origine barbarica. Al tempo di Carlo Magno avevano già messo radici nei territori dell’Impero. Ma fu certamente nel generale risveglio dei secoli dopo il Mille che divennero uno strumento ideale per la massiccia e capillare cura pastorale e di intervento caritativo all’interno del popolo cristiano. Nelle città in cui operavano spesso edificavano i loro oratori, praticavano la carità e l’assistenza con i loro numerosi ospedali autoamministrati, con le distribuzioni di elemosine, occupandosi dei carcerati e dei condannanti a morte, della sepoltura dei defunti, dell’infanzia abbandonata e delle donne sole. Il XIII secolo fu per loro l’età della grande svolta: le ripetute ondate dei movimenti di penitenza, culminanti nel sacrificio spettacolare dell’autoflagellazione, trovarono l’apice proprio a Perugia allorché nel 1260, intorno alla figura di Raniero Fasani, gruppi di devoti cominciarono a percorrere in processione le strade della città flagellandosi il dorso nudo e implorando la misericordia divina. Da Perugia le processioni di penitenza si irradiarono poi verso Roma e Imola, per arrivare a Bologna, Modena, Reggio, Parma, fino in Baviera, Boemia e in Polonia’. Quale fu per loro il periodo di maggiore fortuna? ‘Sicuramente l’età medievale. Soprattutto le confraternite dei Battuti, dei Flagellanti, dei Penitenti e dei Disciplinati erano destinate ad un grande avvenire. Nei secoli successivi la situazione degenerò per la frattura con i riformatori radicali come Lutero e i suoi seguaci’. E quali furono le conseguenze? ‘Che si aprì una nuova stagione di vigorosa fioritura. Le nuove confraternite, eucaristiche e del rosario, furono valorizzate per farne i puntelli di sostegno di una ‘ricristianizzazione’. Tra Sei e Settecento, poi, il numero delle confraternite raggiunse il vertice della moltiplicazione e dell’espansione, con una spinta in avanti che proseguì ancora all’inizio del secolo dei Lumi’. Quando cominciarono a dare i primi segni di declino? ‘La rottura giunse alla metà del secolo XVIII quando, malviste dai giansenisti e dai fautori di una pietà che si voleva purificata e illuminata sul piano della dottrina, contestate dai paladini della nuova cultura dell’ordine razionale e dei diritti supremi dell’individuo, cominciarono a subire i colpi di leggi restrittive e di soppressioni che la Rivoluzione francese e Napoleone non fecero che riprendere e generalizzare’. Quante e quali sono oggi le confraternite rimaste, in un’epoca in cui il sentire religioso e l’interesse verso queste forme di aggregazione religiosa stanno sempre più scemando? ‘Non conosco esattamente i dati attuali; credo tuttavia che il fenomeno sia abbastanza marginale; oggi nella vita e nell’attività cultuale parrocchiale, le confraternite sono state rimpiazzate dai vari movimenti e dalla Caritas. Seppure nelle realtà rurali della diocesi restino tracce di queste antiche istituzioni, che si attivano soprattutto nei riti della Settimana santa, ritengo che lo spirito sia andato definitivamente perduto. Restano certamente dei casi di singolare continuità, in cui la fedeltà alle tradizioni religiose si è combinata con il pieno adattamento ai nuovi bisogni del mondo in cui ci troviamo a vivere: è quello, per esempio, della rete delle moderne Misericordie. Ma nulla resta del loro più alto compito ideale, che era quello di offrire un ambito in cui sostenersi a vicenda per imparare a ritmare la propria esistenza secondo una regola; era quello di aiutare ad assimilare i contenuti di uno spirito cristiano ridotto all’essenziale, ma potente e vigoroso nella sua forza di contagio, capace di abbracciare le realtà visibili e quelle invisibili. La loro ‘insignificanza’, oggi, richiama pertanto non solo il problema di una società sempre più atomizzata e individualistica ma anche, e direi soprattutto, la questione del ruolo dei laici nella cooperazione al progetto divino di salvezza’.

AUTORE: Manuela Acito