Quando studiò teologia in seminario fece più assenze che presenze a causa di una salute malferma. Chissà, forse fu la sua fortuna, perché evitò la Neoscolastica ed ebbe modo di approfondire a suo agio la teologia spirituale. Si salvò dal videtur quod non e invece lesse con gusto gli scritti di Divo Barsotti e le pubblicazioni della benemerita Editrice Morcelliana di Brescia. La salute malferma, poi, garantisce lunga vita perché, lo dicono i cinesi, per vivere a lungo bisogna stare sempre un po’ male.
C’è un episodio che la dice lunga sulla teologia di don Alessandro Trecci, perché è di lui che stiamo parlando. Quando era assistente diocesano Giac (Gioventù italiana di Azione cattolica), i dirigenti diocesani erano Roberto Giacomucci e Leonello Radi: tutti e tre “carrettiani”, cioè entusiasti della nuova teologia espressa, per esempio, dall’opera di Carlo Carretto Famiglia piccola chiesa (1949), inclini a valorizzare molto la spiritualità laicale, in ogni caso ostili alla cultura e alla politica della destra. Questi tre decisero di invitare proprio Carretto, cioè colui che causava trambusto in seno alla dirigenza nazionale dell’Azione cattolica, a un mega raduno diocesano dei giovani cattolici che si svolse a Spello (1953). Don Alessandro ricorda: “Gedda mi chiamò a Roma, al redde rationem. Gli dissi che i giovani lo consideravano un conservatore. Rispose: “Io conservatore? Ma se sono figlio di un fornaio!”. E regalò al Centro diocesano, che stava in San Carlo, una fiammeggiante lambretta, la quale servì per diffondere nelle parrocchie… Famiglia piccola Chiesa”. La teologia di don Alessandro, e non solo quella, gli ha permesso di coltivare una bella amicizia con don Dino Tomassini, altro appassionato delle pubblicazioni della Morcelliana e delle Edizioni Fiorentine. Don Dino divenne vescovo di Ischia, ma le infule non gli impedirono di dissentire da certe posizioni conservatrici cardinalizie; andò a finire che il giovane vescovo fu spedito da Ischia ad Anglona, un posto più lontano di Cristo s’è fermato a Eboli. L’amicizia non è acqua e don Alessandro raggiunse don Dino ad Anglona, a sentire, alle prime luci dell’alba, il rumore degli zoccoli dei somari lungo il muro del vescovado. Ah, questa teologia tra le più avanzate d’Europa, che rumori le erano riservati!
Poi c’è la bella missione di don Alessandro nella parrocchia in formazione di San Giuseppe Artigiano. Qui era necessario applicare il più bel frutto del pensiero più avanzato, il Concilio ecumenico vaticano II. Tanto per cominciare, bisognava celebrare i riti parrocchiali nella cappella di Sassonia o nel salone parrocchiale. Intanto era necessario dar retta ai giovani cattolici che scalpitavano; don Alessandro li seguì e inseguì, anche se poi dovette mangiare amari bocconi, quelli che i giovani troppo spesso procurano con sorprendente facilità ai loro educatori. Ce lo vedete voi don Alessandro a Budino? Ebbene, lui ci fece casa. Ce lo vedete attuale amico e coabitante di due giovani preti nella parrocchia più discussa di oggi, con una chiesa innalzata da un archistar come Fuksas? Ebbene questo sta avvenendo. Come ridire la commozione con cui il clero di Foligno ha festeggiato, presso il santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia, il novantanovesimo anno di età di don Alessandro, unitamente al suo settantacinquesimo anno di Ordinazione sacerdotale… Gli fanno compagnia tre Cinquantesimi del calibro dei monsignori don Dino Ambrogi, del priore Mario Sensi e dell’ “angelano” p. Domenico Alfonsi, per non parlare del Venticinquesimo del congolese p. Abel e dei due diaconi Toni Antonelli e Tommaso Calderini, inoltre del Sessantacinquesimo di mons. Luigi Moscatelli. La straordinarietà è un’altra, che il più giovane di tutti è don Alessandro.