Ho querelato Giorgio. E chi è Giorgio? L’ho fatto oggi, 7 luglio 2010, all’alba. L’ho fatto spedendo al legale della mia Comunità, l’avv. Manna, questa e-mail: “Caro Simone, ti prego di dare corso all’azione legale della quale parliamo da mesi, e di farlo nella forma che riterrai più opportuna, dalla semplice querela alla richiesta di impeachment”. A questo punto tutti capiscono che il de quo non è Giorgio Armani, l’austero profeta delle futilità, ma Giorgio Napolitano; io lo vedrei volentieri, il benamato Presidente della nostra benamata Repubblica, una tantum, per poche ore, in catene; magari in catene di marzapane, onde non ne soffra la sua salute preziosa di 85enne impegnato a badare, nei pascoli tra il Colle, palazzo Madama e piazza Montecitorio, un gigantesco gregge di porci. Dico “porci” senza ombra di offesa, il riferimento è al poeta latino Orazio, che sapeva di non declassarsi affatto quando si proclamava Epicuri de grege porcus. Ce ne sono tanti davvero, di porci, nel gregge di Napolitano: dai lattonzi che dove passano lasciano una piccola scia di liquame appena maleodorante (500 euro di tangente per concedere la licenza all’arrrotino), ai verri maestosi, che hanno a lungo allenato i muscoli delle mandibole e oggi sono pronti ad azzannare e divorare parti intere di questo nostro Stato, sul cui frontale c’è scritto, a caratteri cubitali: “Per favore, rubate!”. Veramente ha molto da fare il nostro Presidente, nell’attuale contingenza storica, ma questo non può fargli dimenticare il primissimo dei suoi compiti: la difesa dei deboli, crocifissi su questa legge o su quell’altra omissione. Io gli ho scritto la prima volta il 26 marzo u.s., per segnalargli il pericolo che otto dei “ragazzi” ricoverati nella mia Comunità dovessero venire rimandati a casa, perché le Asl di provenienza (Lazio, Abruzzo, Campania e Calabria) non pagavano le rette per il loro ricovero, troncando così un loro percorso di recupero che dura da anni e respingendoli in una situazione subumana, prigionieri della propria recuperata insignificanza all’interno di una casa/prigione in cui attendere la morte. Ohibò! A questo punto il cittadino avvertito dirà “ohibò!”. Che peso possono avere otto soggetti in difficoltà nel contesto di 800.000 persone che hanno perso il lavoro? Ohibò! Di speciale hanno solo il fatto che sono l’ultimo anello della catena. E all’ultimo anello della catena la Costituzione assegna il primo posto nelle preoccupazioni del Presidente.(1 – Continua…)
Ho querelato Giorgio
ABAT JOUR
AUTORE:
A cura di Angelo M. Fanucci