Una folla commossa ha dato l’estremo saluto al giovane Ovidio Stamulis, ucciso dal patrigno lo scorso 5 ottobre. Una moltitudine di persone, amici, parenti, compagni di scuola e tanti altri, hanno affollato il sagrato della chiesa parrocchiale di Pietrafitta.
Ovidio era un ragazzo speciale, e non è la solita frase usata in circostanze come questa. Amava la vita, nonostante i tanti problemi che aveva in casa: sereno nonostante tutto. Lui e il suo fratellino di 8 anni a breve si sarebbero trasferiti un’altra famiglia, a seguito di un’ordinanza del Tribunale dei minori. Una nuova vita stava per iniziare…
Lo stesso arcivescovo di Perugia, mons. Gualtiero Bassetti, dopo aver ascoltato le testimonianze di alcuni amici, del parroco don Fabrizio e degli insegnanti di scuola, non ha trattenuto le lacrime. Ovidio, pur non avendo ancora compiuto 17 anni, era maturo e responsabile. La sua maturità umana era maggiore rispetto a quella dei coetanei.
Queste le riflessioni di mons. Bassetti nella sua omelia. “Nella scuola (l’istituto tecnico economico statale “Aldo Capitini – Vittorio Emanuele II” di Perugia) chi non lo conosceva? In un istituto di più di ottocento alunni – dice l’Arcivescovo – può essere facile passare i giorni in un relativo anonimato, ma Ovidio lasciava, a suo modo, il segno: con la sua sorridente solarità, col suo entusiasmo per la vita scolastica, con la sua ricerca di relazioni positive con tutti: dalla preside ai professori, ai compagni. Un sorriso che si è spento. Si poteva prevedere quanto accaduto? Questo è l’interrogativo che da giorni tormenta l’intera comunità di Pietrafitta e non solo”.
“La morte di Ovidio – prosegue mons. Bassetti – ci coinvolge tutti, nessuno escluso: c’è a monte la nostra società ammalata; il nostro modello di convivenza debole; le nostre relazioni umane povere; la famiglia con tutte le sue ferite e fragilità; i nostri ordinamenti, spesso soffocati dalla burocrazia; la mancanza di amore nei nostri rapporti quotidiani; e, infine, la tentazione, dalla quale tutti noi possiamo essere assaliti, di ritirarci nel privato”.
“Tutto questo – conclude il Vescovo – dovrebbe spingerci ad un approfondito esame di coscienza. Ovidio nutriva una profonda fiducia verso il prossimo. A testimonianza di questo c’è il regalo fatto ai suoi professori: la poesia Prima di tutto l’uomo di Nazim Hikmet. In quella parole ci sono tutte le sue convinzioni, per certi aspetti, il suo testamento spirituale. Nella freschezza di un ragazzo ancora adolescente, c’era la saggezza e l’amore di chi ha visto e vissuto la sofferenza e di chi ne è riuscito a farne tesoro reagendo con un sorriso”.