Dopo il dibattito in Consiglio regionale sui centenari francescani e il ruolo della città di Gubbio, ospitiamo un contributo della professoressa Maria Vittoria Ambrogi, autrice di una serie di pubblicazioni, tra le quali Assisi e Gubbio con il Papa sui passi di Francesco (Petruzzi, 2013) e Pace con la natura – Il messaggio di san Francesco per l’uomo del terzo millennio (Gavirati, 1989), testi scritti insieme al coniuge, il compianto prof. Giambaldo Belardi, e poi Ubaldo e Francesco Santi riformatori, Santi della pace (Porziuncola, 1994), scritto a sei mani insieme al francescano fra Igino Gagliardoni.
Gubbio e il rapporto con san Francesco
Per quanto riguarda Gubbio e il suo rapporto con san Francesco è necessario sottolineare che non si tratta di un semplice passaggio del Santo nel suo territorio o della presenza di chiese costruite nel suo nome, ma di vero e proprio contatto spirituale nel momento più importante della sua vita: quello della transizione da modelli di vita non più condivisi alla nuova concezione di vita di un uomo nuovo, profondamente rinnovato nell’animo.
L’accoglienza a Gubbio di Francesco
Francesco trova in Gubbio quell’accoglienza che gli è stata rifiutata nella sua città natale e quel donatore di una semplice veste che diverrà il prototipo dell’abito che i Minori indosseranno per sempre e in ogni luogo. Sull’identità del donatore ci sono versioni diverse. Si tratta dell’amico di sempre Federico di Giacomello individuato in base all’autenticazione del disegno di un affresco del chiostro sud della chiesa di San Francesco di Gubbio, fatta con rogito del notaio Valentini nel 1653; o addirittura si ipotizza che la donazione possa essere stata fatta da tutti e tre i fratelli Spadalonga, facendo riferimento all’iscrizione di una lapide collocata nella cappella gentilizia dei principi Spada di Roma della chiesa di San Gerolamo della Carità che recita: Jacobellus, Antonius et Federicus… exceperunt, foverunt et nova tunica donarunt.
La donazione della veste a san Francesco
Che sia Federico il donatore è suffragato da una pergamena del 10 febbraio 1399, conservata nella cattedrale di Gubbio in cui il guardiano del convento di San Francesco raccomanda ai religiosi di Gallia e di Germania il canonico Filippo e i suoi fratelli Baldinuzio e Quirico discendenti di Federico Spadalonga: “…fu proavo di costoro quell’amico del nostro padre Francesco che liberatosi del diritto ereditario e delle sostanze paterne ottenne una tunica nel cenobio come esprimono le cronache nella nostra provincia e dimostrano che anche fu chiamato Federico Spadalonga della suddetta città di Gubbio”.
Gli eventi che avvalorano il legame tra san Francesco e Gubbio
Gubbio è il luogo dove Francesco ha incontrato il vescovo Villano che lo ha confortato e accompagnato nel consolidarsi della sua conversione, anche favorendo un approccio – nella chiesa del monte Ingino – con il corpo incorrotto del Santo, che lo aveva preceduto nella scelta della povertà.
Gubbio è anche il luogo dove Francesco ha potuto praticare la sua prima predicazione e dedicarsi alla cura dei lebbrosi.
Gubbio è infine il luogo dove il Santo ha ammansito il feroce lupo. Questo miracolo non ha bisogno di essere giustificato da interpretazioni allegoriche dal momento che Francesco aveva una grande familiarità con gli animali, tanto da parlare con loro e da essere da loro ascoltato. Tra Francesco e gli animali tortore, rondini, allodole, falchi, leprotti, conigli, agnelli, addirittura vermi – si svolgevano scene di incantevole semplicità e amabilità. Scene paradisiache.
Il lupo che incontrò san Francesco, il parere degli studiosi
Non trovano difficoltà a credere che fosse un lupo vero nemmeno studiosi come Umberto Eco o Franco Cardini, il famoso medievista, a cui “non pare inverosimile da obbligare per forza, se lo si vuol salvare, a proporre una lettura allegorica, a fantasticare di lupi umani, feudatari, briganti e predoni ammansiti dall’uomo di Assisi”. Tanta letteratura si è interessata all’episodio.
Si cita soltanto la poesia “Los motivos del lobo” che è considerata la più bella e la più conosciuta nel sud America. È del nicaraguense Rubén Darìo e offre una versione originale dell’episodio con una conclusione che si discosta dalla generalità: il lupo torna a essere cattivo a causa della cattiveria degli uomini e torna a ululare in montagna. Francesco, sconsolato, si allontana innalzando al cielo la preghiera del Padre nostro.
Tutte queste considerazioni fanno di Gubbio la seconda patria di Francesco, cosa che non possono rivendicare altre località ed è quindi ingiustificabile e inconcepibile che tale città non sia stata chiamata a ideare e gestire ogni forma di celebrazione per l’ottocentesimo anniversario della sua morte. Qualcuno potrebbe non gradire questa insistenza ad accostare a Gubbio la figura di san Francesco, ma questa è storia e non di poco conto.
Maria V. Ambrogi