di Angelo M. Fanucci
Scrivo oggi sabato 27 gennaio 2018, Giornata della Memoria. Il 27 gennaio 1945 l’Armata rossa, accolta da un gruppetto di esseri umani scheletriti e con gli occhi pieni di orrore, entrò nel campo di concentramento di Auschwitz, nome tedesco di Oswiecim, cittadina della Polonia meridionale. Il 29 aprile successivo, il giorno prima che Hitler si suicidasse, l’esercito Usa entrò a Dachau, in Baviera, a 20 km da Monaco.
A Dachau gli americani, che sentivano le tremende imprese compiute dai tedeschi come un errore tragico, sì, ma pur sempre compiuto da un “ariano” come loro, cancellarono tutte le tracce del genocidio che potevano essere cancellate: praticamente solo i forni crematori rimasero intatti. Ad Auschwitz invece i russi, che da anni si portavano dentro un odio mostruoso contro i tedeschi che avevano ammazzato 23 milioni di loro connazionali, soprattutto giovani, non alterarono nemmeno il più piccolo particolare del pauroso paesaggio del campo. Fotografarono tutto: migliaia di foto, le più terrificanti delle quali venero proiettate durante il processo di Norimberga, quando i massimi responsabili del nazismo vennero condannati a morte. Era toccata anche a Mussolini, la morta ignominiosa che la storia gli aveva assegnato. Di nazismo, di fascismo e soprattutto di “razza” non si sarebbe dovuto mai più parlare.
E invece, appena qualche giorno fa, il leghista Attilio Fontana, candidato della Lega alla presidenza della Regione Lombardia, ha rivendicato l’articolo 3 della Costituzione per dare fiato al suo discorso a difesa della razza bianca, in pericolo di estinzione a causa delle ondate dei migranti. Ma stavolta è intervenuto di persona il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un’entrata a piedi pari, come si dice in gergo calcistico, a sconfessare i troppi che ancora oggi rimpiangono il vergognoso Ventennio come “il tempo in cui i treni arrivavano in orario”, niente meno!
Sergio Mattarella ha avuto parole durissime per le colpe del fascismo, per le leggi razziali e le grevi persecuzioni di ebrei legalizzate nel 1938. “Un regime – dichiara – che non ebbe alcun merito”, e nel quale “la caccia agli ebrei non fu affatto una deviazione, ma fu insita stessa alla natura violenta e intollerante di quel sistema”. Altro che treni che arrivano in orario! La guerra e il razzismo erano il cuore di quell’orrendo regime, fatto di prevaricazioni e persecuzioni, che fu il fascismo. Ma attenzione al rischio che si possano di nuovo spalancare le porte dell’abisso. Non deve accadere. “La nostra società ha gli anticorpi per evitarlo, ma spetta a ciascuno di noi operare per impegnarsi per impedire che il passato possa tornare”. Matteo Salvini è molto di più – e molto di meno – di un simpatico pupazzo che vuole sistemarsi a palazzo Ghigi.
Grazie, Presidente!