“Verso il futuro con speranza” è la lettera pastorale dell’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti indirizzata a tutti i cristiani dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve a chiusura dell’anno giubilare. La lettera, stampata in alcune decine di migliaia di copie e che sarà diffusa già da questo fine settimana nelle comunità parrocchiali, è un documento che non traccia “bilanci”, in quanto “con le cose di Dio – scrive mons. Chiaretti – è difficile fare bilanci perché quel che avviene nel profondo della coscienza solo Dio lo sa”, ma ci aiuta a riflettere sull’esperienza giubilare, offrendo delle ‘indicazioni’ ed alcuni ‘strumenti’ per incamminarci con maggior fede e speranza nell’aurora del terzo millennio. Un’era che sarà caratterizzata dalla “nuova evangelizzazione”, tanto auspicata dal Papa e che dovrà realizzarsi con “percorsi inediti quali il ‘popolo in missione’ per le aggregazioni laicali, o i ‘laboratori di fede”‘per i giovani””A Giovanni Paolo II è dedicata la parte introduttiva di questa lettera pastorale: “Abbiamo seguito da vicino le parole e i gesti del Papa e dobbiamo riconoscere che ci ha stupiti per la forza d’animo e la lucidità di riflessione con cui ha accompagnato lo svolgersi del Giubileo – sottolinea lAarcivescovo – , continuando a parlare non solo alla cattolicità, ma a tutto il mondo, anche ai lontani di qualsiasi fede religiosa, per proporre orizzonti nuovi di umanizzazione all’inizio del terzo millennio. Pensiamo, ad esempio, al coraggio con cui s’è rivolto ad ogni categoria di persone, dai politici ai militari, dai docenti universitari ai carcerati…, per difendere i più deboli, chiedere una mondializzazione della solidarietà, proporre un nuovo modello di giustizia in cui coniugare diritto e misericordia, parlare con insistenza di riconciliazione e di perdono per far nascere la pace, difendere ad oltranza la vita e la famiglia… La triade conversione a Dio, riconciliazione, solidarietà con i deboli è pur sempre un buon programma etico per la convivenza umana”. Mons. Chiaretti presenta il ‘progetto operativo’ più imminente: la visita pastorale. “È questa, come sapete, la nuova fase del lavoro pastorale in diocesi dopo il Congresso eucaristico e l’anno giubilare. La visita che il vescovo intende fare alla sua Chiesa, con tutto il rispetto e la pazienza necessari, è non solo la meta ma anche il metodo sinodale del nuovo lavoro, cui sono invitati preti e laici. Il vescovo va di comunità in comunità, riunite secondo il criterio dell’unità pastorale, per verificare lo stato di salute spirituale dei credenti nel momento critico del passaggio da una fede anagrafica tradizionale, fatta di buone antiche consuetudini, ad una fede missionaria in un mondo secolarizzato, e quindi frutto d’una scelta libera, motivata, responsabile, operosa, seria. Non è un compito facile, me ne rendo conto – sostiene -; ma con l’aiuto dei parroci, dei ministri laici, di tutti voi ci proverò”. Nella lettera esorta le strutture “organizzative” come la “parrocchia” vecchia maniera a “cambiare un po’, sia perché cambiano i modi di vivere la stessa esperienza cristiana (si pensi alle nuove forme di aggregazione e di vita ecclesiale determinate dai movimenti emergenti, dalla mobilità delle persone, dalla loro libertà di scelta…), sia perché ci sarà nell’immediato una certa carestia di preti, che consentirà tuttavia di far crescere in ogni battezzato il senso di corresponsabilità di Chiesa. Dio sa quel che fa: e se ci fa passare attraverso un’esperienza di povertà è per liberarci dal superfluo d’una religiosità talvolta superficiale e per ricondurci all’essenziale dell’evangelizzazione e della carità. Un bagno di umiltà e di povertà, nelle persone come nei beni, è sempre stato per la Chiesa un ottimo ricostituente!”. Altro passaggio significativo del documento sono i “laboratori di fede” che sono, come ricorda mons. Chiaretti, “un’efficace espressione del Papa parlando ai due milioni di giovani nel raduno giubilare di Roma. Non sappiamo ancora come avviarli, però indicano una pista da battere”. ‘Laboratori di fede’ sono da sempre le associazioni vive (tale è ancora ad esempio l’Azione cattolica, troppo imprudentemente dismessa), le quali formano le persone attraverso la Parola di Dio – la croce – i sacramenti – la preghiera; ma ‘laboratori di fede’ sono oggi anche i movimenti ecclesiali, che i vescovi italiani hanno definito ‘efflorescenze dello Spirito Santo’, diversissimi tra loro ma capaci di provocare svolte radicali in senso cristiano. Sia le associazioni che i movimenti hanno bisogno di sentirsi Chiesa locale, collegati fortemente non solo con chi nella Chiesa è segno di unità e di comunione, il vescovo, ma anche con quella comunità di popolo, povera forse di grazia e di doni ma pur sempre la Chiesa che ci ha trasmesso la fede, madre da amare e da servire con umiltà e senza arroganza”. Con l’esortazione a guardare “al futuro con speranza!” mons. Chiaretti entra nella tematica centrale della sua lettera pastorale: “Viene in mente il grido di Isaia: ‘Sentinella, quanto resta della notte?’ (Is 22,11). La storia per natura sua è portatrice di novità e cioè di situazioni inedite, da affrontare con la saggezza che deriva dall’esperienza e dalla fede. Con tale saggezza dobbiamo allora affrontare anche il futuro. Comportamenti saggi saranno quelli ispirati al dialogo (ecumenico, interreligioso, interculturale), alla tolleranza, al rispetto dei diritti e della dignità d’ognuno, all’autodisciplina e al senso di responsabilità, alla giustizia, alla solidarietà… Per un cristiano tutto questo nasce dalla fede e dalla carità appresa alla scuola di Cristo. E’ per Cristo e con Cristo che possiamo guardare al futuro con speranza. L’Arcivescovo conclude esprimendo “una seria preoccupazione … per certi ostinati insulti contro le norme morali, quali l’edonismo più spinto, le volgarità, le trasgressioni erette a sistema, le tolleranze anche legali di comportamenti delittuosi o viziosi o blasfemi. Urge un’inversione di tendenza nella società. Urge per i battezzati recuperare una fede autentica e senza compromessi”.
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