Di quando in quando fa capolino sui giornali di quest’anno la notizia che in alcuni paesi africani è in corso una tremenda carestia che miete innumerevoli vittime soprattutto tra i soggetti deboli (bambini e vecchi) delle popolazioni più povere. Durante il vertice di Johannesburg si parlò di questo dramma e diversi giornali accennarono ad un nuovo problema che stava emergendo. L’Onu, attraverso le sue organizzazioni umanitarie, si era dichiarato disponibile a venire incontro alle popolazioni in difficoltà inviando derrate alimentari consistenti soprattutto in cereali, riso, soia e mais. Sorse ben presto, però, una difficoltà abbastanza inedita: quella degli organismi geneticamente modificati (Ogm). La maggior parte di questi semi, infatti, e soprattutto il mais, erano Ogm e alcuni paesi si dichiararono non disposti ad accettare questo tipo di aiuto, preferendo semi di piante non geneticamente modificate. L’Onu fece sapere di avere a disposizione solo una quantità piuttosto limitata di derrate non Ogm, per cui la scelta diventava stringente: o accettare le derrate geneticamente modificate o arrangiarsi da soli in qualche altro modo. A questo punto i paesi colpiti dalla carestia hanno convenuto di accettare gli Ogm. Tutti eccetto uno, lo Zambia, che, nonostante la gravità della situazione, ha deciso di permanere nella sua decisione di rifiutare tali aiuti. L’ultimatum dell’Onu è scaduto il 4 ottobre e lo Zambia, per bocca del suo Presidente ha ribadito: “Saremo anche poveri e colpiti da una grave carestia, ma vogliamo decidere noi che cosa mangiare. Non esporremo la popolazione a rischi sconosciuti, ad alimenti ancora incerti” (Corriere della Sera del 4/10/2002). Di fronte a una tale decisione si può reagire in modi diversi. Si possono fare discorsi di opportunità politica, sia interna che internazionale; discorsi di impatto ecologico; discorsi di opportunità pratica. Delego ad altri, molto più competenti di me, il discorso sull’opportunità politica di una simile decisione. Non tratterò, se non di sfuggita, il problema dell’impatto ecologico. Mi soffermerò invece ad analizzare, utilizzando le mie competenze che sono soprattutto scientifiche, la correttezza di certe affermazioni e, quindi, implicitamente, l’opportunità di certe decisioni. Nello Zambia ci sono 2 milioni e mezzo di persone che stanno letteralmente morendo di fame. Le eventuali granaglie degli aiuti internazionali dovrebbero servire, presumo, non tanto per la semina quanto per sfamare la gente e se la maggior parte dei semi non va a finire nei campi ma nello stomaco delle persone, il problema non è tanto di tipo ecologico (che pure non va sottovalutato!), ma di tipo sanitario. Gli Ogm fanno veramente male alla salute? Sono veramente cibi dell’orto di Frankenstein che possono trovare uno squallido smercio solo presso popoli ormai allo stremo? Il problema non è nuovo, ma questa è una buona occasione per rifare il punto. Come si sa, le piante geneticamente modificate sono tali perché ai loro costituenti sono state aggiunte sostanze (Dna) assenti negli esemplari naturali, che ne modificano le caratteristiche, soprattutto di resistenza ai parassiti. Queste sostanze sono state scelte in modo da non essere tossiche per il consumatore umano. Tutt’al più potranno causare qualche reazione allergica in individui sensibili. Il pericolo degli Ogm è di altro genere. Per inserire il nuovo Dna nella pianta da modificare, lo si deve legare ad un “vettore”, che è un’altra sostanza capace di promuovere questa operazione. I vettori più utilizzati sono parti di virus vegetali che entrano insieme al Dna nella pianta da modificare e vi rimangono anche essi stabilmente. Sono questi vettori a destare preoccupazione perché non si sa quale sarà il loro comportamento a lungo termine. Per esempio, resteranno tranquilli come semplici porzioni di Dna oppure potranno ricostituirsi come virus, sopravvivere in forma latente per poi esplodere in maniera virulenta, magari fra qualche decina di anni? I virus sono capaci di simili scherzi! Ovviamente per saperlo non c’è che un modo: aspettare e vedere quello che succederà. Fino ad ora, e sono ormai alcuni anni che gli Ogm si trovano sotto attento controllo degli specialisti, ciò non si è mai verificato. Non si può però escluderlo come raro evento futuro. A questo punto, tornando alla carestia dello Zambia e al suo rifiuto delle derrate geneticamente modificate, sorge spontanea la domanda: è saggio preferire una morte certa per fame oggi ad un possibile problema di infezione virale domani, magari fra venti o trenta anni? La risposta mi pare evidente. Per la decisione dello Zambia, quindi, le vere motivazioni devono essere di ben altra natura. Magari di tipo politico ed economico. E a questo punto non sono più pane per i miei poveri denti.
Gli Ogm fanno veramente male alla salute? E’peggio morire di fame!
Il caso dello Zambia che ha rifiutato gli aiuti dell'Onu perché geneticamente modificati
AUTORE:
Carlo Cirotto