Mi ha molto colpito quest’anno la contiguità della festa di san Costanzo con la Giornata della memoria della Shoah. Le televisioni, in orari molto tardi purtroppo, hanno proposto tante storie relative a quelle vicende. Ho colto un’affinità tra le migliori figure di quelle storie e la figura di Costanzo, un’affinità legata sostanzialmente al primato della coscienza. Costanzo decide che più importante della legge dell’Impero romano, più importante della prospettiva di perdere la propria vita, è il dettame della sua coscienza, che gli impone di essere fedele al suo Signore e alla sua gente fino al dono supremo di sé.
Allo stesso modo, è stato forte il dettato della coscienza in tante persone che negli anni bui della Seconda guerra mondiale hanno saputo aiutare chi era perseguitato e cacciato, perché si sono fatte guidare da essa e dai propri valori. Anche nella nostra città e nella nostra Chiesa diocesana, tra l’altro, abbiamo due “Giusti delle nazioni”: don Federico Vincenti, parroco di Sant’Andrea in Porta Santa Susanna di Perugia, e don Ottavio Posta, parroco di isola Maggiore sul Trasimeno.
Le persone di coscienza sono sempre scomode, perché – dinanzi alle realizzazioni sempre provvisorie e sempre imperfette della società e a volte della Chiesa fanno sentire che c’è qualcosa di più da fare, da dire, da testimoniare, da osservare. Sono persone scomode, come è stato scomodo Costanzo al suo tempo; piacerebbe infatti che tutti parlassero e pensassero allo stesso modo.
Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che c’è un grande tentativo di omologazione del pensiero, rivolto soprattutto ai giovani, per fare in modo che tutti pensino, credano, cerchino, vogliano le medesime cose.
Potrebbe sembrare che questo processo di omologazione faccia meglio funzionare le cose. Forse nel breve termine è così. Noi però abbiamo bisogno che la nostra società si fondi su persone che ascoltano la propria coscienza, che possiedono valori in cui credere e per i quali sono disposti a dare la vita. Queste persone sul momento possono dare fastidio e possono risultare perdenti, come lo è stato Costanzo, che ha perso la vita, e come è risultato perdente Gesù, i cui nemici l’hanno tolto di mezzo. Dopo qualche tempo, però, sono diventate punti di riferimento.
Costanzo lo è ancora oggi per la nostra comunità diocesana, ma anche per la nostra comunità cittadina, come sono di riferimento e di onore le persone dei “Giusti delle nazioni”. Credo che la lezione di Costanzo sia per ciascuno di noi quella di non rinunciare alla propria coscienza, di coltivarla, di formarla, di essere ubbidienti ai suoi dettami anche quando non risultino corrispondenti ai canoni del pensiero dominante.
Questa libertà di coscienza nessuno può togliercela. Noi siamo vincitori – come abbiamo sentito nel passo della Lettera ai Romani – perché ci possono togliere molte cose, anche la vita, ma non la libertà di cercare e seguire il Vero. Penso che una comunità cristiana che porta avanti con fedeltà i propri valori e la propria fede, sia un patrimonio importante per tutta la comunità cittadina.
Paolo Giulietti
arcivescovo eletto di Lucca, delegato ad omnia della diocesi di Perugia – Città della Pieve (omelia tenuta lunedì 28 gennaio ai primi vespri di san Costanzo)