Prima di iniziare l’anno pastorale (ammesso che l’anno pastorale abbia una fine), tra i momenti formativi per i preti “giovani” della diocesi si è scelto di trascorrere due giorni insieme visitando l’Expo di Milano, compiendo allo stesso tempo un pellegrinaggio sulla tomba di san Carlo Borromeo.
Quindi, nei giorni 24 e 25 agosto scorsi, accompagnati dal nostro vescovo mons. Benedetto Tuzia, abbiamo fatto questa esperienza insieme. Innanzi tutto l’intento è stato quello di stare insieme: noi giovani preti (siamo in poco più di una decina con meno di 10 anni di ordinazione!), sempre di più assorbiti da un vasto campo di lavoro, rischiamo di non trascorre mai del tempo insieme.
Siamo stati bene. Le due giornate – senza voler indugiare nella cronaca spicciola – le possiamo leggere sotto due punti di vista molto diversi tra di loro, ma allo stesso tempo molto vicini.
L’Expo di Milano (nella quale, a giudicare da come la gente ci guardava, la cosa più rara da vedere eravamo noi al seguito del Vescovo) ci ha parlato del mondo intero e delle sue innumerevole contraddizioni. In un certo qual modo ci ha messo in crisi, proiettandoci in mille culture diverse concentrate nello stesso luogo, espresse dalle fantasie delle architetture e degli allestimenti, in mezzo alle quali ci siamo sentiti tutti un po’ stranieri.
Questo evento, che certamente celebra la bellezza e l’efficienza di una parte della nostra nazione e del mondo, tuttavia ci ha aperto al senso critico di una manifestazione (peraltro sorta sotto l’egida di grandi e discutibili multinazionali) che forse non ha risposto pienamente agli interrogativi, ormai pressanti e improrogabili, sul problema dell’alimentazione nel mondo, sull’inquinamento, sulla desertificazione, sull’ingiusta distribuzione dei beni, sulle derive della genetica… Le uniche due voci fuori dal coro che ci hanno fatto bene al cuore sono stati i padiglioni della Caritas e della Santa Sede che ci hanno ricordato che “non di solo pane vive l’uomo”.
Il primo giorno abbiamo compiuto un pellegrinaggio nella Città degli uomini, il secondo giorno il nostro cammino si è articolato cercando gli uomini che hanno costruito questa città: Ambrogio, Gervasio e Protasio, Carlo Borromeo. Visitando non solo luoghi d’arte, ma cercando l’anima di questi luoghi, abbiamo indugiato presso i corpi, segni tangibili della loro presenza nella storia, di questi uomini straordinari.
È stato un viaggio nella bellezza, ma sarebbe stato solo un camminare a vuoto se questa bellezza non fosse stata il fiore di una vita spesa per il Vangelo e per il prossimo. Molto bello e intimo è stato il momento della celebrazione eucaristica nella cripta prospiciente lo “scurolo” di san Carlo e la successiva preghiera silenziosa davanti al corpo del santo vescovo.
Riascoltare, dalla voce del nostro Vescovo, le parole del Borromeo che si leggono nel giorno della sua memoria liturgica ci ha riportato a esaminare i due rischi concreti della vita del prete e, in particolare, del parroco: la superficialità nel rapporto con Dio (in particolare nella preghiera) e la dissipazione causata dall’efficientismo. È stata l’occasione per il nostro Vescovo per proporci un cammino da fare insieme, guidati dal vicario generale don Antonio Cardarelli, con occasioni più frequenti di incontro e di formazione.