Fede e tradizione, folclore e devozione, suggestioni e sacralità. Sono molte le componenti che si mescolano nelle manifestazioni pasquali popolari che si tramandano da secoli. In Umbria, una delle regioni italiane dove queste rievocazioni sono più diffuse, si contano una cinquantina di eventi concentrati fra il Venerdì Santo e la Domenica di Pasqua. Si tratta, per lo più, di rappresentazioni che coniugano insieme rito religioso e recitazione teatrale, seguendo canovacci che risalgono ai movimenti laici penitenziali del tredicesimo secolo. In particolare, sono numerosi gli appuntamenti nel giorno in cui si ricorda la morte di Gesù. Spesso viene proposta una vera e propria ricostruzione dei quadri della Passione di Cristo, come avviene a Gualdo Tadino, Fiamenga di Foligno, Baschi, Castel Viscardo, Montecchio, Città della Pieve, Norcia, San Giustino, Sigillo. In questi luoghi, nel corso del Novecento, le tradizionali processioni sono state affiancate da sacre rappresentazioni che, con scenografie e testi diversi, ripropongono il dramma della Passione in un vero e proprio teatro di piazza. In mezzo ai suggestivi centri storici della regione, illuminati in genere quasi esclusivamente dal fuoco delle fiaccole, i figuranti in costume animano le scene dell’ultima cena, del processo di Pilato, della Via Crucis e della Crocifissione. Ma in molti centri abitati dell’Umbria, la tradizione è rimasta immutata da secoli, con i cortei processionali che si tramandano anche da ottocento anni, grazie alle Confraternite. E’ il caso della Processione del Cristo Morto di Gubbio, considerata tra le più antiche ed emozionanti della regione, per la profonda spiritualità che la pervade. Ancora oggi, come nel tredicesimo secolo, è curata dalla Confraternita della chiesa di Santa Croce della Foce. I “Sacconi” (dal nome dell’antica divisa dei membri della Confraternita) mostrano i simboli della Passione e precedono le statue del Cristo Morto e della Madonna addolorata. La processione, che percorre le strade cittadine illuminate da fiaccole e torce, è accompagnata dai due cori del Miserere, canto penitenziale a più voci tramandato solo oralmente. Insieme a quella di Gubbio e Gualdo Tadino, la Processione del Cristo Morto di Città di Castello è di sicuro tra le più datate. Già nel 1230, come risulta dall’Archivio storico comunale, i Disciplinati “per l’eternità portatori di morti vestiti” oltre che portare i defunti alla sepoltura, nel giorno del Venerdì Santo, tenevano un accompagnamento funebre, sostituendo il morto con un simulacro di Cristo deposto. Ormai da diversi anni i membri della Confraternita del buon consiglio della buona morte e misericordia, eredi degli antichi Disciplinati, sono riusciti a ricomporre la manifestazione ricostruendo le costumanze del ‘200 tifernate. Così è stato restaurato il Grande Focolo che apre il corteo della parte storica, seguito dai portatori di morti con le cappe nere e i lunghi cappucci, con l’antico “cataletto” portato a spalla dai confratelli, con sopra deposto il simulacro, a grandezza naturale, del Cristo Morto. Le rappresentazioni in forma di processione vengono organizzate anche ad Assisi, Cascia, Orvieto, Colfiorito, Bettona, Monteleone di Orvieto, Bevagna, Panicale, Parrano.
Giorni densi di fede che si esprime nella tradizione
Le celebrazioni della Settimana Santa rievocano la passione morte e resurrezione di Gesù
AUTORE:
Daniele Morini