Giornata di santificazione del clero. Gli interventi di mons. Bassetti e di padre Amedeo Cencini

CHIESA UMBRA. Quest’anno si è svolta a Orvieto, dato il Giubileo, la Giornata di santificazione del clero

giubileo-orvietoLa tradizionale “Giornata di santificazione del clero” delle otto diocesi umbre – un evento regionale che si è svolto con grande partecipazione negli anni passati a Collevalenza, nel santuario dell’Amore Misericordioso fondato da Madre Speranza -, quest’anno si è celebrata a Orvieto per dare un segno di partecipazione collettiva al Giubileo eucaristico. Evento che fa memoria del miracolo di Bolsena, quello che ha dato origine a quell’altro miracolo del duomo di Orvieto che ogni volta suscita ammirazione ed entusiasmo, per chi non è “stonato” e sa cogliere la bellezza e l’arte, messaggeri del Mistero.

Anche se la partecipazione non è stata piena, erano presenti quasi tutti i Vescovi dell’Umbria e circa 200 preti biancovestiti che hanno dato vita a una suggestiva e solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal presidente della Ceu mons. Bassetti. L’Arcivescovo ha invitato il Presbiterio umbro a essere unito e in sintonia nel comune impegno di annuncio e santificazione della popolazione regionale, ricordando la prossima visita del Papa ad Assisi e il pellegrinaggio alla tomba di san Francesco con l’offerta dell’olio da parte dell’intera Regione con i suoi rappresentanti.

L’omelia è stata tenuta da padre Amedeo Cencini, religioso canossiano, che in precedenza, all’inizio dell’incontro, ha tenuto una ampia e ricca meditazione nella “sala dei Quattrocento” del palazzo dei Capitano del popolo sul tema “Eucaristia e formazione permanente del clero. Prete, dov’è il tuo tesoro?”. La riflessione di padre Cencini ha preso l’avvio dal battesimo di Gesù e dalla parola del Padre: “Questo è il Figlio mio, il diletto”, applicata al sacerdote.

“Nella vita del prete – ha detto – il problema è sentirsi guardato dal Padre. Si tratta di un problema di sensibilità, di ‘udito spirituale’, che non cade dal cielo ma è frutto di formazione. Il prete deve essere consapevole che il Padre lo avvolge con il Suo sguardo”.

“Tra i concetti di cuore, sensibilità e tesoro – ha poi aggiunto – vige una sorta di equazione: occorre vedere e saper scrutare le profondità del mondo interiore e pensare all’eucaristia come sacramento dei sensi, ma anche investire nella formazione della sensibilità. I sensi vanno educati alla sensibilità credente del presbitero, che è in contatto quotidiano con Dio, e per questo deve essere educato a conoscere per primo i suoi sensi. Stiamo rischiando di perdere i sensi, che rappresentano le sponde del cuore e lo strumento di mediazione con la realtà per entrare in contatto con la Trascendenza. I sensi come via alla fede. Ma è necessario orientarli, senza subirli passivamente, per saper controllare ciò che entra attraverso di essi nel proprio mondo interiore.”

“Ogni persona, prete compreso – ha concluso Cencini – ha la sensibilità che si è costruito anche attraverso scelte piccole e quotidiane, e sulla scorta di esse agisce. Il presbitero dovrebbe dunque essere il primo a ragionare sui propri sensi e sull’educazione che gli dà, Poiché ogni giorno è a contatto con il Mistero, occorrono sensi pienamente funzionanti”.

AUTORE: E. B.