Con lʼinizio della primavera, 21 marzo, non a caso arriva anche la Giornata mondiale della poesia. Evento lanciato dallʼUnesco nel 1999. Dire poesia significa dire una delle attività umane più ampie e più antiche. Secondo qualche autore, come il filosofo Giambattista Vico, addirittura lʼumanità avrebbe cominciato prima a esprimersi in versi, cioè con suoni ritmici, che in prosa; questʼultima sarebbe derivata da una progressiva banalizzazione di quei ritmi. In questo contesto, restringiamo lʼindagine al campo – pure vastissimo! – della poesia cristiana.
Dalle origini a Dante
I primi inni cristiani si trovano già nel Nuovo Testamento, creati o riportati soprattutto nella Lettera ai Colossesi e in quella agli Efesini e nellʼApocalisse, ma anche altrove. Nei primi secoli dopo Cristo, vari Padri della Chiesa – in Oriente e Occidente – si cimentarono poi nella composizione di poesia a scopo teologico o liturgico.
Ma per noi italiani la poesia religiosa ha un punto di partenza ben chiaro nel Medioevo. Da un lato, la Chiesa ufficiale affidava ad esempio a san Tommaso dʼAquino il compito di scrivere in latino gli inni per la Festa del Corpus Domini. Dallʼaltro, san Francesco componeva il Cantico delle creature come suo testamento spirituale; e un suo seguace, Jacopone da Todi, scriveva “laude” in cui la tensione sacra si abbinava a unʼinedita forza stilistica.
Fino ovviamente ad arrivare alla Divina Commedia di Dante. Lui stesso sottolinea, per il Paradiso, la novità di affrontare argomenti speculativi in rima e per di più in lingua “volgare”. Un illustre precedente di filosofia in versi era stato il De rerum natura di Lucrezio, che però era finito nel dimenticatoio a causa delle sue idee materialiste (Lucrezio era seguace di Epicuro, che lo stesso Alighieri considerava il padre di ogni eresia).
Dal Rinascimento allʼOttocento
Assai significativo che, nel Cinquecento, i due massimi poemi italiani: lʼOrlando furioso di Ariosto e la Gerusalemme liberata di Tasso, abbiano per argomento lo scontro tra cristiani e musulmani. Stesso tema portante nei Lusiadi del poeta portoghese Luiz de Camões. Il rapporto tra le due civiltà mediterranee tuttavia era molto stratificato e variegato, come dimostrano queste stesse opere letterarie.
Giambattista Marino aveva in progetto un poema sulla Gerusalemme distrutta, ossia gli eventi del 70 d.C. Invece ripiegherà sullʼimmenso e “semi-pagano” Adone, che gli costerà la condanna dellʼInquisizione per il suo mix di Sacro ed erotismo. Interessante comunque che lʼunico frammento superstite della Gerusalemme distrutta sia un duetto in cielo tra la Madonna e il Cristo.
In Italia, ancora fino al Settecento si tenterà disperatamente di scrivere un nuovo poema epico cristiano sulla scia del Tasso, con risultati parecchio deludenti. La letteratura cattolica troverà un nuovo apice con Alessandro Manzoni, che però affiderà il suo messaggio ai posteri più attraverso la prosa dei Promessi sposi che la poesia degli Inni sacri.
Sale alla ribalta il mondo anglosassone
Sta di fatto che, per una complessa serie di motivi storici, dal Seicento in poi è il mondo anglosassone a vedere tutto un fiorire di poesia cristiana (protestante) più moderna, rivoluzionaria, spesso profetica. Non notissimo qui da noi, ma caposaldo della letteratura inglese rimane il Paradiso perduto di John Milton, con effetti fino a oggi non solo nel dibattito teologico ma anche sulla cultura popolare, fantascienza inclusa. LʼInghilterra ha un intero filone di poesia metafisica, il cui massimo esponente è stato John Donne.
Tra fine Settecento e inizio Ottocento esplode a Londra il fenomeno William Blake. Praticamente sconosciuto in vita, è diventato unʼicona mondiale a partire dalla controcultura degli anni Sessanta del XX secolo.
Sullʼaltra sponda dellʼOceano, nella seconda metà dellʼOttocento Herman Melville – quello di Moby Dick – prova a rilanciare il poema cristiano con il suo Clarel, racconto di un pellegrinaggio in Terra Santa. Opera però che ancora oggi risulta un prodotto di nicchia.
Facendo una puntatina in Germania, resta incerto quanto sia espressamente cristiana, e quanto no, la poesia di Goethe.
Oggi in Italia
Solo il tempo potrà decidere quali degli autori contemporanei diventeranno dei classici. Nel panorama italiano del Novecento varrà la pena citare almeno lʼafflato religioso – di segno molto diverso – di autori come Giuseppe Ungaretti, Pier Paolo Pasolini, Giovanni Testori, David Maria Turoldo, Mario Luzi.