Non perdere la speranza in un mondo migliore: “Voi siete vicini al cuore della Chiesa, perché la Chiesa è un popolo in cammino verso il regno di Dio”. Domenica 19 è la Giornata mondiale del migrante e rifugiato, e Papa Francesco augura a queste persone di poter custodire “i valori delle vostre culture di origine”. Nello stesso tempo chiede a quanti lavorano con i migranti di “accoglierli e accompagnarli nei loro momenti difficili, per difenderli da quelli che il beato Scalabrini definiva ‘i mercanti di carne umana’ che vogliono schiavizzare i migranti”. Le sofferenze di una vita “tante volte senza lavoro, senza documenti”.
Parole alle quali Francesco unisce il gesto di un incontro, andando, nel pomeriggio, alla basilica del Sacro Cuore in via Marsala, due passi dalla stazione Termini di Roma. Visita una parrocchia che è una realtà di periferia esistenziale, dove trovano aiuto dalla comunità salesiana circa 400 tra migranti, rifugiati e persone senza fissa dimora. Il Papa incontra una ottantina di rifugiati e altrettante persone senza casa, li invita ad avere coraggio e ricorda loro che la notte è più buia proprio quando si avvicina l’aurora, e la luce è il Signore che ci viene incontro e ci dà speranza.
Luce e salvezza per ogni uomo è l’Agnello di Dio, ricordavano le letture della seconda Domenica del tempo ordinario. Un agnello “senza difetto, maschio, nato nell’anno”, si legge nell’Esodo, che viene sacrificato e il cui sangue, posto sugli stipiti delle porte, salverà dalla morte. Prefigurazione simbolica del Messia, dunque. Nel Vangelo di Giovanni è Giovanni Battista a dare questa definizione di Gesù; lo vede avanzare tra la folla e “ispirato dall’alto – afferma il Papa all’Angelus -, riconosce il lui l’Inviato di Dio, per questo lo indica con queste parole: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato dal mondo”.
Se nella tradizione ebraica l’agnello è memoria della liberazione dalla schiavitù fisica del faraone, nel cristianesimo diventa liberazione dalla schiavitù del peccato: “Non c’è altro modo di vincere il male e il peccato se non con l’amore che spinge al dono della propria vita per gli altri”.
È la missione di Gesù, ricorda il Papa, caricarsi delle nostre sofferenze fino a morire sulla croce: è il “vero agnello pasquale, che si immerge nel fiume del nostro peccato, per purificarci”. “L’agnello – sottolinea ancora il Papa – non è un dominatore, ma è docile; non è aggressivo, ma pacifico; non mostra gli artigli o i denti di fronte a qualsiasi attacco, ma sopporta ed è remissivo”. In questa docilità, umiltà c’è l’immagine di Gesù. Cosa significa oggi essere discepoli di Gesù? “Significa mettere al posto della malizia l’innocenza, al posto della forza l’amore, al posto della superbia l’umiltà, al posto del prestigio il servizio”.