Gioite! Abbattete l’angustia

Commento alla liturgia della Domenica “FIRMATO” Famiglia III Domenica di Avvento - anno C

Questa terza domenica di Avvento potremmo vedere il sacerdote celebrare indossando il colore rosa. È un caso unico, assieme alla quarta domenica di Quaresima. Si tratta di un colore a metà tra il viola dell’attesa e il bianco della gloria. Ma è anche un colore dalla connotazione particolarmente positiva e festosa: questa è infatti la domenica “in Gaudète” cioè “gioite!”. Nel nostro cammino di avvicinamento al Natale siamo invitati a soffermarci sulla gioia e a verificare quanto questa abiti il nostro cuore. San Paolo ci invita con forza a rallegrarci: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti”. Una gioia che viene dal Signore. Il desiderio di essere felici è profondamente iscritto nel cuore umano. Potremmo dire che ogni nostra azione, ogni nostro pensiero, ogni nostro desiderio è in definitiva orientato a farci stare bene, alla ricerca di un benessere di cui la gioia ci appare come la ‘punta di diamante’. Molto spesso però la cerchiamo in luoghi incapaci di darcela, la chiediamo “con preghiere e suppliche” da realtà che non saziano la nostra sete. L’Apostolo ci dice che solo Dio “custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù”. Solo Dio è capace di accarezzare i nostri pensieri e le nostre emozioni donandoci quella gioia profonda e duratura di cui la pace è fedele compagna. Allora il contrario della gioia non è tanto la tristezza, o la paura, o la rabbia… sentimenti che comunque fanno parte del cuore umano e che in certi momenti della vita siamo chiamati a vivere, senza reprimerli. Gesù stesso li ha vissuti in particolari frangenti della sua vita e, anche in questo, è stato pienamente uomo. All’opposto della gioia – ci dice ancora Paolo – c’è l’angustia, sentimento che coniuga la paura alla chiusura, la tristezza allo scoraggiamento, la rabbia al risentimento. Lo alimentiamo anche senza rendercene conto, lo ‘contagiamo’ a chi ci sta vicino, e diventa quell’amaro che condisce e avvelena le nostre giornate.

 

Anche nel Vangelo il clima con cui la folla si reca al Giordano da Giovanni è di inquietudine: il cuore risentito e oppresso dalla dominazione romana, scoraggiato dalle ingiustizie e in attesa di un Messia liberatore. A tutto questo il Battista risponde con un invito alla conversione personale. Invece di inneggiare alla rivolta e all’unione contro l’oppressore, propone un cammino concreto che impatti l’ordinarietà dell’esistenza. Il militare e il pubblicano sono invitati a mettere in atto la giustizia sociale a partire dall’equità delle loro azioni quotidiane. Per tutto il popolo c’è l’invito alla condivisione e a stare attenti a chi è nel bisogno. È un invito per tutti noi: quando l’amarezza ci prende nell’osservare il mondo che ci appare ingiusto, violento, individualista e prepotente, quello è il momento di rimboccarsi le maniche e aprire gli occhi verso il nostro piccolo mondo quotidiano, che ha bisogno della nostra prossimità, della nostra accoglienza e della nostra capacità di donare. Giovanni si fa poi da parte. Di fronte alla folla che lo acclamerebbe volentieri come capo carismatico, egli indica Gesù come colui capace di farci rinascere tramite lo Spirito santo, cioè con la sua stessa vita divina.

 

Lo Spirito con il suo fuoco cauterizza le nostre ferite, ripulisce il grano buono – che abbiamo dentro – da ciò che lo contamina, e ci dona la gioia del Risorto. Sofonia profetizza allora che “Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente” il quale ci salva dall’angustia che ci fa ‘cadere le braccia’. Il Signore “gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia”: la nostra salvezza è un Dio che ci rende nuovi, amandoci non in maniera distaccata, ma con tutta la passione di chi è capace di gridare la sua esultanza per il solo fatto che esistiamo. Dio è il nostro “ultrà” e noi la sua squadra del cuore: lasciamoci contagiare dal Suo tifo! Martedì siamo entrati ufficialmente nel Giubileo della Misericordia: la tradizione della Chiesa lo riconosce come un anno di festa e esultanza. È l’occasione per immergerci nella gioia dell’amore tenero e misericordioso di Dio. Come afferma Papa Francesco in una recente intervista, “la rivoluzione della tenerezza è ciò che oggi dobbiamo coltivare come frutto di questo anno della Misericordia: la tenerezza di Dio verso ciascuno di noi”. Tenerezza, gioia e misericordia: un cammino umano e spirituale in cui siamo chiamati a crescere durante quest’anno liturgico appena cominciato.

 

AUTORE: Paolo Tomassoni Alessandra Giovannini