Alle 7 del mattino di domenica 23 novembre, a Roma, piazza San Pietro era gremita di gente, e mancavano ancora tre ore all’inizio della cerimonia che ha visto proclamati sei nuovi santi da Papa Francesco: Giovanni Antonio Farina, Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famiglia, Ludovico da Casoria, Nicola da Longobardi, Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore, Amato Ronconi. La pioggia leggera non ha dissuaso i fedeli che, al contrario, arrivavano numerosi, muniti di striscioni che identificavano la loro provenienza, ringraziavano il Papa, acclamavano il nuovo Santo.
Numerosissimi i “gadget” prodotti per l’occasione, ad esempio gli ombrelli con l’immagine di Ludovico da Casoria, perché quella del 23 novembre è stata per i fedeli, soprattutto, una grande festa. Arrivati da soli o per la maggioranza in gruppi, i fedeli sono accorsi a questa messa speciale da tutto il mondo, perché devoti già da molto tempo a queste sei figure eccezionali, consapevoli delle importanti opere che hanno realizzato e dei meriti che hanno avuto in vita, e con estrema fede nei miracoli compiuti, e per i quali domenica sono stati elevati agli onori degli altari.
Sette pullman sono partiti da Assisi alle 5 del mattino per raggiungere piazza San Pietro in occasione della canonizzazione di Ludovico da Casoria: oltre al Serafico anche l’Istituto Casoria e molte parrocchie delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino.
Tra coloro che, insieme al Papa, hanno concelebrato la messa con il Papa c’era anche il vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino. “È un tempo – sottolinea mons. Sorrentino – di crisi sociale, occupazionale, ma soprattutto morale quello che stiamo vivendo. La canonizzazione del beato Ludovico da Casoria immette nel panorama della santità un altro gigante della carità. I santi sono la dimostrazione che il Vangelo non è un’astrazione o un’utopia. Dove arrivano, muovono una città. Possono muovere i cuori. Ed è la cosa più importante, mentre cerchiamo una bussola per orientarci dentro una crisi che, alla scuola dei santi, può diventare un tempo di speranza”.
La piazza, come sempre in queste occasioni, è stata divisa in zone: le persone con disabilità hanno accesso a uno spazio riservato, il più vicino di tutti al Santo Padre. È qui che i ragazzi del Serafico di Assisi, insieme ad altri gruppi, hanno preso posto accompagnati dagli operatori e dalla presidente dell’ente, Francesca Di Maolo, che in quest’occasione ha affermato: “San Ludovico è stato un grande innovatore. Ha saputo vedere nei bambini disabili non soltanto delle vite ferite, ma una risorsa per lo spirito della società. Si è impegnato per dare una possibilità di migliorare le loro vite, garantendo loro cure e formazione, in un’epoca in cui i bambini disabili non avevano accesso all’istruzione”.
“Oggi – aggiunge – il Serafico continua l’opera di san Ludovico, si muove verso nuove mete nella cura e nella riabilitazione dei bambini e ragazzi con disabilità gravi e gravissime. Dopo oltre 140 anni, ciò che ci muove è una straordinaria motivazione verso lo stesso obiettivo di allora: il primato della vita”.
LA BIOGRAFIA
Ludovico da Casoria – al secolo: Arcangelo Palmentieri – nacque a Casoria (Napoli) l’11 marzo 1814. Vestì il saio francescano nel 1832 e, ordinato sacerdote nel 1837, si dedicò allo studio e all’insegnamento. Nel 1847, in seguito a un’esperienza mistica da lui definita “lavacro”, si consacrò interamente al servizio degli ultimi. Dal 1854 avviò l’“Opera dei moretti” per il riscatto e la formazione cristiana dei bambini africani venduti schiavi, con l’auspicio di suscitare vocazioni missionarie per quel Continente. Fondò, per il sostegno delle sue opere, due congregazioni: i Frati della Carità, detti Bigi (nel 1859), e le suore Francescane Elisabettine, dette Bigie (nel 1862). Rientrato in patria dall’Africa, diede vita a moltissime opere assistenziali in tante città d’Italia: Napoli, Afragola, Casoria, Nola, Vico Equense, Eboli, Santa Maria di Capua, Piperno, Firenze e Assisi, dove ancora oggi si mantiene quella che san Ludovico definì la sua “opera regina”: l’Istituto Serafico per sordomuti e ciechi.