Libano, terra in cui la convivenza tra popoli e religioni sarebbe facile… se tutto non congiurasse a renderla difficile. È l’impressione che si riceve ascoltando Ghada Karyoty, focolarina libanese – oggi residente nella comunità di Assisi – che nei giorni scorsi a Perugia è intervenuta all’incontro del lunedì presso il Centro ecumenico.
Tre le religioni presenti sul territorio del Paese mediorientale: cristiani, musulmani e i ‘misteriosi’ drusi. La legge determina in modo chiaro in che modo vadano ripartite le cariche istituzionali tra le diverse appartenenze religiose. Non sempre però funziona: “In Libano – racconta Ghada – è stato da poco creato un Governo dopo otto mesi di latitanza. Non riuscivano a mettersi d’accordo”.
La capacità delle religioni di vivere pacificamente le une accanto alle altre è un fiore all’occhiello del Paese, “tranne durante la guerra del 1978-1990, quando venne fomentato l’odio. Dopo la guerra, le varie religioni si erano stanziate in diverse aree della nazione, poi pian piano si sono rimescolate. Anche se rimane sempre un po’ di fuoco a covare sotto la cenere”.
In Libano il movimento dei Focolari conta una decina di consacrati, cinque uomini e cinque donne, più tutta una serie di famiglie, sacerdoti e anche vescovi “amici del Focolare”. “Come movimento – prosegue Karyoty – organizziamo incontri con gli sciiti più moderati, istruiti, aperti al dialogo. Durante i bombardamenti effettuati da Israele nel 2006 abbiamo accolto nella ‘Mariapoli’, nell’area montana fuori Beirut, un centinaio di rifugiati, tutti sciiti”.
La questione interreligiosa si annoda a quella dei profughi. In un Paese di soli 4 milioni di abitanti, sono presenti mezzo milione di palestinesi, sfollati al tempo della creazione dello Stato di Israele (1948), e un milione e mezzo di persone fuggite dalle guerre in corso, soprattutto dalla Siria (continua a leggere sull’edizione digitale de La Voce).
Dario Rivarossa