Gesù se ne va… e resta con noi

Commento alla liturgia della Domenica "Firmato" Famiglia

AltareBibbiaAscensione del Signore: Gesù se ne va, e lo Spirito è promesso. Il tempo dell’esperienza diretta e personale con Gesù è trascorso, ora è tempo di proiettarsi nel futuro. Il futuro è la storia che viviamo. Futuro spesso caratterizzato dai nostri sguardi verso il cielo, sperando in un ritorno di Gesù per una presenza tangibile e capace di trasformare il nostro quotidiano. La speranza è quella di rivederlo vivo e operante nelle nostre azioni, che spesso brancolano nell’ombra o nelle nebbie del “vedo e non vedo”. Quaranta giorni: bella e lunga esperienza del Risorto che avrebbe dovuto spingerci fino ai confini della terra… e invece, nelle nostre esperienze personali, rimaniamo chiusi nei nostri nidi apparentemente protettivi, ma dimentichi di aprire le porte ed essere testimoni “in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”, cioè prima a chi ci è vicino e poi pian piano, a macchia d’olio, dappertutto.

“Perché guardate il cielo? Partite!”. Guardare il cielo ci serve per non dimenticare, ci serve per tenere viva la speranza della meta affinché il non dimenticare, il fare memoria sia un bagaglio di luce che illumini il “partite”. Dove andare? In Giudea, in Samaria e oltre. Ecco, Gesù se ne è andato, è tornato al Padre e ora ha bisogno di noi per raggiungere i confini della Terra. “Chi manderò? – Manda me”, rispondeva il profeta Isaia (6,8). Tutti i battezzati – non solo con acqua, ma con acqua e in Spirito – sono mandati. Ci spaventa l’essere piccoli, incapaci e il non avere una forte esperienza del Risorto, ora che il Risorto è entrato nella ‘nebbia’, segno biblico di una presenza misteriosa di Dio. La nebbia a volte rivela e a volte nasconde. Nella nostra vita, il Risorto a volte lo vediamo, lo sentiamo, lo abbiamo presente; altre volte invece lo sentiamo lontano, o nascosto, o velato. Ma è il nostro tempo, il tempo della Chiesa, un tempo più o meno lungo come solo il Signore sa, “non sta a noi conoscere i tempi” (At 1,7). Il tempo della Chiesa è il tempo di ogni battezzato, ognuno nel proprio carisma e nel proprio ministero. Ma il tempo della Chiesa è anche il tempo dello Spirito. Via il pessimismo, la sfiducia! È la forza dello Spirito che aleggia sulla storia, non è la nostra capacità, o bravura. Gli apostoli, gente semplice, pescatori, con la capacità di fare spazio alla potenza di Dio. I quaranta giorni dalla Risurrezione sono serviti per avere una consapevolezza diversa di Gesù e il battesimo in Spirito, che ci spinge a percorrere le strade del mondo nel nome di Cristo.

Il nostro lato umano ci spinge a farci domande. Per noi, due più due fa quattro, per cui uno che muore non c’è più, così anche chi se ne va non c’è più. Cristo invece è morto ma è vivo; se ne è andato, ma è sempre con noi. Mistero? Anche. Ma soprattutto è la bontà di Dio: ci ha amati fino al punto di incarnarsi, farsi uno di noi per continuare a camminare nella storia fianco a fianco, fino a quando si compirà il Suo regno. Non ne sappiamo i tempi, ma abbiamo la certezza della sua presenza, anche se velata, o sotto le specie eucaristiche, o nella guida sapiente dello Spirito. Cristo quindi è nella nube, e fuori della nube ci siamo noi. Mandati nel mondo. È un ulteriore modo di Cristo di essere presente nel mondo. Cristo e il mondo; noi e il mondo.

E come sposi? Come famiglie? Ugualmente: Cristo sposo e il mondo; noi coppie di sposi e famiglie nel mondo e per il mondo. È un modo tutto proprio di esserci. È il sacramento delle nozze che ci dà un’identità in vista di una missione particolare: dobbiamo ‘tenere a battesimo’ altre coppie, altre famiglie; dobbiamo svelare il Cristo velato, con la forza del dono delle nozze. L’inadeguatezza delle nostre esperienze ci potrebbe spaventare, e noi stessi abbiamo bisogno di sentire la presenza di Cristo viva. Viva nell’andamento delle cose, nei nostri rapporti all’interno e all’esterno del nostro nido, nel fare crescere i figli. Spesso è un barcamenarsi tra mille problemi, con uno sguardo che non riesce non solo a guardare il cielo, ma neanche ad andare poco più in là di noi stessi. Ma noi siamo pur sempre battezzati, e il battesimo – con il sacramento delle nozze, insieme – costituisce nello Spirito una forza che neanche immaginiamo quanto sia efficace. È come una fontana il cui rubinetto è chiuso: sta a noi aprirlo. Apriamo le porte delle nostre case allo Spirito, e saremo capaci di uscire verso “la Giudea, la Samaria e fino ai confini della terra”.

AUTORE: Ortensia Marconi e Tommaso Calderini