Gaza, Calvario dei cristiani

Il Calvario di Gaza è pieno di croci. Il “luogo del cranio” è tornato a essere luogo di morte. Il sangue di migliaia di persone che sono cadute in questa guerra continua a insanguinare, ancora una volta, questa terra benedetta. Benedetta perché un giorno ha bevuto il sangue innocente e redentore dell’Agnello immacolato, Gesù Cristo. Benedetta perché quella stessa terra, dalle sue viscere, è stata costretta a restituire quel sangue al corpo glorioso del Signore Gesù risorto.

E così, da quel benedetto Venerdì santo la terra, questa terra, sa che il sangue innocente, come quello dei bambini innocenti degli ebrei uccisi dal crudele Erode, diventa misteriosamente segno e pegno di benedizione e risurrezione.

Ma intanto, sul Calvario di Gaza, le croci continuano a sanguinare, e i martellanti bombardamenti e gli spari continuano a mettere in croce migliaia e migliaia di persone. C’è chi schernisce, c’è chi si volta dall’altra parte per non vedere la sofferenza altrui… Com’è difficile prendersi cura di un malato o di un ferito senza avere il necessario per curarlo! Sì, è difficile essere testimoni della croce degli altri. È difficile, è noioso, è desolante. È difficile pensare alle sofferenze di prigionieri e ostaggi, ai morti, ai feriti, alle violenze di ogni genere. Eppure è proprio ciò che sta accadendo.

Sul Calvario di Gaza arriva anche la carestia. Non c’è mai stata una situazione del genere, i bambini muoiono di fame. Sembra impossibile che il cibo arrivi alle bocche affamate, ma non è impossibile che le bombe e i proiettili raggiungano le case di migliaia e migliaia di civili, la maggior parte delle vittime.

Anche la comunità cristiana è sul Calvario di Gaza. Questa comunità, che contava 1.017 membri all’inizio della guerra (135 cattolici e 882 grecoortodossi), ha perso 31 membri: 18 sono morti in un bombardamento israeliano di fronte alla chiesa ortodossa che ha causato la distruzione di un edificio parrocchiale che ospitava dei rifugiati cristiani che stavano dormendo; due donne, rifugiate cattoliche, sono state assassinate all’interno della parrocchia latina da un cecchino delle Forze di difesa israeliane (come riporta una nota del Patriarcato latino di Gerusalemme del dicembre 2023). E altri 11 cristiani sono morti per mancanza di assistenza ospedaliera. Nella parrocchia cattolica ci sono circa 600 parrocchiani rifugiati, in quella ortodossa 250.

La gente vaga in questa ‘Via crucis’ da una parte all’altra in cerca di tutto: riparo, una coperta, acqua, qualcosa da mangiare, vaga da una parte all’altra cercando di schivare i bombardamenti. Migliaia e migliaia di persone così bisognose! Soprattutto hanno bisogno di essere trattate con un po’ di umanità.

I cristiani che hanno deciso di rimanere “accanto a Gesù in ciò che Gesù ha vissuto” soffrono come il resto della popolazione e chiedono a Dio e a sua Madre la cessazione immediata e permanente delle ostilità, la liberazione dei prigionieri, gli urgentissimi aiuti umanitari in tutta la Striscia (Nord e Sud) e assistenza per migliaia e migliaia di feriti. Gaza vive un Calvario. E sul suo Calvario c’è morte e ci sono ombre di morte. Ma, al tempo stesso, sappiamo che vicino al Calvario c’è la Tomba vuota. La morte non ha l’ultima parola. Preghiamo e lavoriamo per essere testimoni di speranza in mezzo a tanto dolore. Continuiamo a pregare per la pace in Palestina e Israele.

Padre Gabriel Romanelli
parroco latino di Gaza

 

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