Quanta curiosità devono aver destato nel passato le bolle di sapone, tanto da ritrarle nei quadri sin dal Cinquecento? Le prime bolle di sapone iniziano a volteggiare sui dipinti dal XVI secolo (contestualmente alla diffusione del sapone), ma è soprattutto dal secolo successivo che il tema si diffonde, tanto da giocare un ruolo fondamentale nell’affermazione dei nuovi generi pittorici, soprattutto in ambito nord europeo, per esempio in Olanda e Germania.
Alla Galleria nazionale dell’Umbria è stata presentata oggi alla stampa la mostra “Bolle di sapone. Forme dell’utopia tra vanitas, arte e scienza” che verrà inaugurata il 16 marzo per rimanere aperta fino al 9 giugno.
Con la curatela di Michele Emmer, già professore ordinario di matematica all’Università La Sapienza di Roma e Marco Pierini, direttore della Galleria nazionale dell’Umbria, la rassegna propone un excursus sulla nascita dell’interesse artistico, scientifico, culturale delle bolle e delle lamine di acqua saponata. Un’iniziativa interdisciplinare che, parallelamente al percorso storico artistico, racconta la nascita dell’interesse scientifico, fisico e matematico delle lamine saponate.
Simbolo della fragilità, della caducità delle ambizioni umane e della vita stessa le bolle di sapone hanno sempre affascinato generazioni di artisti per quei giochi di colore che si muovono sulle superfici saponose, per la loro lucentezza, per la loro leggerezza.
Il percorso espositivo raccoglie 60 opere che coprono un arco di tempo che va dal Cinquecento alla contemporaneità con autori tra i quali Jean Simeon Chardin, Fra Galgario, Jan Bruegel il Giovane, Gerriti Dou, Kerel Dujardin, provenienti dalle più importanti istituzioni nazionali e internazionali.
M. A.