“Il paradosso di una ricerca. Si cerca la verità e si fanno affermazioni false”: è il filo conduttore di una lettera aperta al Sindaco di Gubbio da parte di don Menotti Stafficci, parroco di San Marco, sulla vicenda dei Quaranta Martiri. Non furono loro a scavarsi la fossa, ma altri ventidue ostaggi poi liberati. A pochi giorni dalle celebrazioni dei sessanta anni dell’eccidio (22 giugno 1944), atroce e spietata rappresaglia delle truppe tedesche, il sacerdote ha deciso di scendere in campo animato dal solo desiderio di ristabilire la verità, forte di testimonianze dirette, quelle del padre Gennaro. “Ho ascoltato in un servizio televisivo di Trg – scrive don Stafficci nella sua lettera aperta – l’intervista fatta all’on. Tanzilli, presidente della Commissione di inchiesta sulle stragi naziste, in occasione della consegna del fascicolo sui Quaranta Martiri. Il parlamentare ha detto che la barbaria più grave è stata quella di averli costretti a scavare la fossa. L’affermazione è falsa” perchè “la fossa è stata fatta scavare ai 22 ostaggi, tra cui mio padre, rimasti poi nella sala a pianterreno dell’edificio in via Perugina”. Don Stafficci aggiunge: “Questo particolare non toglie nulla alla tragedia, ma rende la dovuta memoria ai ventidue cittadini che hanno subito un martirio interiore” con pesanti conseguenze. “Babbo – prosegue – ritornò a casa con i capelli bianchi”, e come altri fu segnato per tutta la vita. È noto il caso del concittadino, un barbiere, traumatizzato al punto da impazzire; di tanto in tanto azionava una serranda della sua abitazione in modo da imitare il sinistro ‘trac trac trac’ dei mitra che avevano assassinato i ‘martiri’. “Questo falso particolare circola da alcuni anni – lamenta la lettera – senza che, per quanto mi risulta, vi sia stato un intervento per correggerlo”, tanto che “è stato inserito – continua il parroco – nel decreto del Presidente della Repubblica on. Scalfaro (“massacrarono 40 ostaggi a raffica di mitra dopo averli costretti a scavare la fossa”) con il quale è stata assegnata a Gubbio la croce al valor militare”. “Il fatto è gravissimo essendo il decreto un atto ufficiale dello Stato italiano, occorrerebbe indagare per sapere chi ha fornito questo particolare falso, è un reato affermare e scrivere cose false”. Invano “lo feci presente ad un Consigliere comunale di maggioranza, mi rispose che l’osservazione era una quisquilia, risposta che mi lasciò sconcertato”. Inutile anche l’iniziativa analoga di Maria Scavizzi Tognaccini con una “lettera aperta” (“Gubbio Oggi” del 31 gennaio 1997) con la quale aveva ricostruito anche sedici dei ventidue nomi che erano stati costretti a quel lavoro infame. “Signor Sindaco – è l’appello finale dopo aver descritto altri particolari di quei tragici giorni – si ricerchi tutta la verità narrando la tragedia nella verità dei fatti” con “l’auspicio che non si ripetano più”, ma “purtroppo si sono e si stanno ripetendo”.
“Furono, invece, ventidue ostaggi, tra cui mio padre, a compiere quel gesto terribile: sia fatta chiarezza su questo aspetto” dice don Menotti Stafficci
"I 40 Martiri non scavarono le fosse"
AUTORE:
Giampiero Bedini