Il 4 maggio è stato presentato a Perugia, presso la libreria Feltrinelli, il nuovo libro su Papa Francesco Un Papa solo al comando e una Chiesa che a fatica lo segue di Gian Franco Svidercoschi. L’autore è un giornalista vaticanista tra i più informati e preparati culturalmente e teologicamen-te. Il suo curricolo professiona-le sarebbe lungo da raccontare, tra libri pubblicati – più di 20 -, articoli e servizi giornalistici, partecipazione a incontri culturali e dibattiti televisivi e anche sceneggiature cinematografiche. Toscano, dalla lingua lucida e tagliente, e il linguaggio chiaro e scorrevole. Tratta il tema di Papa Francesco con sicurezza di impostazione attraverso ciò che il Papa ha detto e i gesti che ha compiuto nei primi due anni di pontificato. È stata certamente per lui una fatica. Tanti e diversi gli interventi di Francesco: si pensi, ogni giorno la messa in Santa Marta, le udienze del mercoledì, l’Angelus della domenica, i viaggi, i documenti, i provvedimenti pastorali, le nomine dei vescovi. Il Papa riempie la storia contemporanea come nessun altro personaggio.
La personalità di Bergoglio è analizzata e descritta nella sua interezza, collocandola nei vari contesti della sua esperienza di vita. Vi sono passaggi anche molto delicati e sottili che Svidercoschi coglie con sottili osservazioni, come nel capitoletto in cui inquadra il provinciale dei Gesuiti e l’arcivescovo di Buenos Aires nel periodo della dittatura in Argentina con la terribile storia dei desaparecidos e nel difficile e sofferto passaggio dalla Teologia della liberazione alla “teologia del popolo” (pp. 36-41).
Pubblicato dalla casa editrice Tau di Todi, il libro si compone di 150 pagine ed è organizzato in 13 brevi capitoli e altri sottocapitoli in modo che una materia così frastagliata potesse avere un minimo di ordinamento logico e storico. Un libro ben riuscito. La prima parte è evidentemente la più fresca e narrativa. La seconda parte, dalla metà in poi, è più documentata e riflessiva, e anche più problematica. Ciò che non mi convince del tutto è il titolo volutamente provocatorio del libro: Un Papa solo al comando, che sembra non tenere debitamente conto della grandezza, complessità e misteriosità della Chiesa cattolica e del cristianesimo, in una visione più ampia che non è mai riducibile a uno schieramento o a una fazione, neppure quando si parla della Curia romana. Questo Papa è stato scelto da questi cardinali, e ha avuto il plauso di questo immenso popolo di Dio. Un uomo destinato per vocazione e missione a rappresentare più di un miliardo di persone tra loro molto diverse, dai ricchi americani ai sofisticati europei, alle folle analfabete e povere dell’Africa e dell’Asia, alle sfide del dialogo ecumenico e interreligioso, al rispetto degli equilibri politici e geopolitici. Questa è la storia del Papato, almeno dalla fine del potere pontificio in senso politico. Al titolo del libro avrei messo un punto interrogativo. Del resto, l’autore si pone spesso domande di fronte a questioni non risolte e in via di essere affrontate, ad esempio circa il gruppo dei cardinali suoi diretti consiglieri, o la sua sistemazione in Santa Marta, la questione della banca vaticana, lo Ior, e anche le questioni che riguardano in linguaggio, il famoso “pugno” e il “calcio”, le relazioni con i giornalisti e la stampa. Svidercoschi sa tutto e narra distesamente con il piacere di chi legge e si sente dentro le storie.
Sul significato complessivo del libro, direi che lo shock di Papa Francesco si possa individuare soprattutto nel tentativo di unire nella sua persona e di armonizzare nella Chiesa le due grandi correnti dell’istituzione e del carisma, che nella storia hanno sempre dialogato e spesso si sono trovate in conflitto. La Chiesa gerarchica e il papato – in prima persona e con la sua Curia – hanno sentito sempre come primario il compito di santificare, governare, custodire, conservare, tenere unita la Chiesa nella sua ricchezza di deposito della fede e di tradizione apostolica. Viene Bergoglio da una “periferia del mondo” e afferma che la vuole cambiare. Chiamandosi Francesco – e ha spiegato il motivo della scelta – ha tentato, e con parole e gesti sta tentando, di rendere l’istituzione permeata e permeabile al carisma, e di rendere il carisma ben inserito dentro tutti i gangli dell’istruzione gerarchica e funzionale nel disegno pastorale complessivo. Questa sua visione della Chiesa si ritrova pure nel suo voler essere fino in fondo gesuita, e anche fino in fondo francescano. Questo progetto di rinnovamento della Chiesa, lo ha chiamato “conversione pastorale della Chiesa in uscita verso le periferie del mondo e dell’esistenza umana”. Per cambiare la Chiesa deve cambiare il papato, e quindi se stesso, e divenire un’icona del pastore come Gesù lo ha descritto, con “l’odore delle pecore”, che è uguale a loro nella semplicità e povertà anche di linguaggio. Perché vuole cambiare la Chiesa? Evidentemente perché non è soddisfatto di come la considera, ne vede i difetti. Anche Benedetto XVI parlò di “sporcizia” in generale. Bergoglio elenca 15 malattie per descrivere la Curia romana. Va nel particolare, scruta i dettagli, le chiacchiere. Ma il motivo vero e profondo di quest’uomo nuovo, mistico, coraggioso, sta nell’amore alla Chiesa, e più ancora nell’amore al Vangelo. Di questo il mondo ha bisogno e in questo, nel Vangelo di Gesù Cristo, sta la gioia dei fedeli e la salvezza del mondo. Nel libro di Svidercoschi è commentata l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, facendo debito riferimento al quadro d’insieme di questo pontificato, che è il Concilio Vaticano II. Un libro da leggere.
P.S. Il libro è stato presentato alla libreria Feltrinelli di Perugia il 4 maggio, presente l’Autore; e a Todi il 5 maggio da parte del direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian.