Il 23 dicembre cadrà il 10° anniversario di morte di mons. Pietro Fiordelli (1916-2004), il primo vescovo residenziale di Prato, sacerdote umbro di nascita e di antiche origini familiari nella nostra regione.
Le origini
Questa straordinaria figura di ecclesiastico nasce il 9 gennaio 1916 a Città di Castello, quarto di cinque fratelli, da padre tifernate e madre originaria della vicina Sansepolcro. A 6 anni Fiordelli è avviato agli studi primari nella stessa città, frequentando la scuola elementare fondata dal vescovo Carlo Liviero (1866-1932). Il 4 ottobre 1927 fa ingresso nel Seminario di Città di Castello e, 5 anni dopo, nell’ottobre 1932, è inviato da mons. Liviero a Roma, come promettente alunno del Pontificio seminario romano maggiore. A soli 22 anni è quindi ordinato sacerdote a Roma e, dopo aver concluso gli studi filosofici e teologici nel Laterano, è incardinato nella diocesi di Città di Castello, allora guidata da mons. Filippo Maria Cipriani (1878-1956).
Dal suo vescovo don Fiordelli è incaricato di numerose mansioni, tra cui quella di insegnante di Religione al liceo classico di Città di Castello, di assistente della locale sezione di Azione cattolica, di padre spirituale nel Seminario diocesano e, infine, di altri svariati compiti pastorali negli ambiti – a lui congeniali – della pastorale della famiglia, della gioventù e della cultura.
Fonda “La Voce”
In particolare, per quanto riguarda quest’ultimo settore, nei difficili anni dell’immediato dopoguerra il giovane sacerdote s’impegnò a puntellare la comunità politica locale sull’urgenza di un ritorno, a tutti i livelli, al pieno rispetto delle leggi morali e civili, fondando ad esempio La Voce cattolica, il cui primo numero esce appunto nella primavera del 1945, a guerra non ancora terminata. In breve tempo il nostro giornale, grazie al dinamismo e all’intraprendenza di Fiordelli, raggiunse la tiratura – eccezionale, per il tempo – di oltre 24 mila copie, divenendo uno dei più importanti settimanali regionali (tanto per farsi un’idea, il maggiore quotidiano nazionale, il Corriere della sera, in quello stesso periodo raggiungeva una tiratura di 400 mila copie).
Nel 1953 La Voce, per espresso volere di tutti i Vescovi umbri, diventa, grazie anche a Fiordelli, il settimanale cattolico di tutta la regione. Dalle sue colonne, fino alla nomina a vescovo di Prato, egli firmò articoli e riflessioni di acuta analisi culturale e politica: originali e, diremmo, inconsueti per le testate diocesane del tempo.
Dopo 16 anni di un così attivo ministero presbiterale nella diocesi di Città di Castello, Fiordelli viene nominato dal servo di Dio papa Pio XII (1939-1958), il 7 luglio 1954, vescovo di Prato, ricevendo la consacrazione episcopale il 3 ottobre 1954, cioè a soli 38 anni (fu il più giovane vescovo d’Italia), dalle mani di mons. Cipriani. Ricoprì il suo incarico a Prato fino al 7 dicembre 1991, giorno nel quale rassegnò le dimissioni, come canonicamente prescritto per raggiunti limiti d’età.
Esce la sua biografia
La sua vicenda umana ed ecclesiale è ora ricostruita nel libro di Giuseppe Brienza, La difesa sociale della famiglia. Diritto naturale e dottrina cristiana nella pastorale di Pietro Fiordelli, vescovo di Prato (editrice Leonardo da Vinci, Roma 2014, pp. 161, euro15), che rievoca episodi interessanti della vita della Chiesa e del movimento cattolico italiano in difesa della famiglia e della vita negli anni 1950-70.
Brienza, giornalista e saggista che non è nuovo a ben documentate ricostruzioni biografiche di protagonisti della Chiesa in Italia, ricorda ad esempio l’impegno di mons. Fiordelli durante il Concilio Vaticano II e, in particolare, la sua “primogenitura” nella definizione, accolta nel testo della costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (21 novembre 1964), della comunione coniugale sacramentale come Chiesa domestica, piccola Chiesa.
Non manca l’attenzione al contributo teologico di Fiordelli in campo ecclesiologico, di dottrina sociale della Chiesa e di spiritualità, laicale e familiare in particolare, che ne fa parlare come il “padre” della pastorale familiare in Italia.
Fiordelli si spese fin dall’inizio del suo episcopato per diffondere su larga scala corsi di preparazione al matrimonio che sviluppassero – soprattutto verso i più giovani – una rinnovata consapevolezza dell’importanza del vincolo sacramentale e della chiamata “alta” al matrimonio. Ancora, sempre su sua proposta la Cei costituì il Comitato episcopale per la famiglia (oggi Commissione episcopale per la famiglia e la vita), del quale Fiordelli fu eletto presidente per più mandati consecutivi.
Profeta anti-abortista
La lettura delle pagine di un breve saggio del vescovo Fiordelli, L’aborto e la coscienza (1975), intelligentemente riproposto come appendice nel volume di Brienza, è quanto mai importante per comprendere il passato socio-politico di cui viviamo gli esiti e la natura delle sfide etico-giuridiche che oggi ci interpellano. Lo scritto raccoglie una serie di conferenze sul tema, “profeticamente” tenute dal vescovo di Prato ben tre anni prima dell’approvazione della legge 194/1978, che ha introdotto l’Ivg nel nostro ordinamento.
Per questa sua opera, come ha riconosciuto l’arcivescovo di Ferrara, mons. Luigi Negri, nel suo Invito alla lettura, mons. Fiordelli va ricordato per la sua preziosa e coraggiosa difesa della famiglia, “spendendosi in un’intensa, profonda, intelligente ed equilibrata pastorale che assunse, in più di un’occasione, un carattere obiettivamente profetico. Capì e fece capire – certamente alla sua diocesi, ma non solo – che la battaglia per la difesa della sacralità della vita, della famiglia, della paternità, della maternità, dell’educazione dei figli, è stata ed è la grande battaglia della Chiesa e del popolo del nostro Paese, e che la si poteva fare non soltanto con la chiarezza dei princìpi, che mons. Fiordelli sapeva evocare da par suo, ma anche con una vera esperienza di famiglia cristiana” (p. 11).
Né va dimenticato, in tema di difesa della famiglia cristiana, che mons. Fiordelli era già stato al centro di una polemica a livello nazionale per aver dichiarato che, dal punto di vista della Chiesa, erano da considerare pubblici peccatori e concubini coloro che erano sposati civilmente. In tale polemica si inserì Aldo Capitini, che decise di farsi cancellare dal registro del battesimo, e quindi di rinunciare anche formalmente all’appartenenza alla Chiesa cattolica; fu il primo caso di “sbattezzo”. Fiordelli finì sotto processo, con sentenza di condanna in primo grado (28 febbraio 1958), ma venne poi assolto in appello (25 ottobre 1958).