Lavoriamo insieme per costruire ponti di pace, ovunque cristiani e musulmani subiscono insieme gli orrori della guerra: è l’invito che il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso rivolge ai “cari fratelli e sorelle musulmani” in occasione della fine del Ramadan che si celebra il 27 e 28 luglio.
In un messaggio intitolato Verso un’autentica fraternità fra cristiani e musulmani, si ricorda che lo scorso anno, il primo del suo ministero, Papa Francesco firmò personalmente gli auguri in occasione dell’‘Id al-Fitr, festa con cui termina il mese dedicato al digiuno, alla preghiera e al soccorso dei poveri. Il testo rilancia “la promozione di un dialogo fruttuoso basato sul reciproco rispetto e amicizia”, cosicché, “ispirati dai valori condivisi e rafforzati da sentimenti di genuina fraternità”, si possa “lavorare insieme per la giustizia, la pace e il rispetto dei diritti e della dignità di ogni persona”. In particolare, si esorta alla comune responsabilità verso i “più bisognosi: i poveri, i malati, gli orfani, i migranti, le vittime della tratta umana e tutti coloro che soffrono a causa di ogni forma di dipendenza”. Infine il messaggio sottolinea le gravi sfide che il mondo attuale deve affrontare, come “le minacce all’ambiente, la crisi dell’economia globale e alti livelli di disoccupazione specialmente fra i giovani”. Tutte situazioni che “generano un senso di vulnerabilità e una mancanza di speranza nel futuro”, e che “esigono solidarietà da parte delle persone di buona volontà”.
Da qui l’auspicio conclusivo a una maggiore cooperazione “nell’affrontare queste numerose sfide con saggezza e prudenza”. In tal modo si potrà contribuire “a ridurre le tensioni e i conflitti, facendo progredire il bene comune” e nel contempo dimostrare “che le religioni possono essere sorgente di armonia a vantaggio di tutta la società”.
Il tono e le parole del messaggio suonano strane e persino provocatorie di fronte alla tragedia che si sta perpetrando in Siria, alla cacciata dei cristiani dall’Iraq e a un acceso anti-cristianesimo che divampa in tutto il Medio Oriente, mentre gli arabi moderati non parlano e non protestano, ma lasciano spazio politico e militare ai fautori del presunto e minaccioso Califfato. Senza dimenticare che nelle frange più fanatiche del mondo musulmano si sta affermando un progetto, lo Stato islamico universale, che dovrebbe comportare anche la ricomposizione della Umma.
Secondo il Corano, quest’ultima è la più bella comunità, quella che Dio ha costituito sulla Terra, e di conseguenza dovrebbe arrivare a includere anche Roma, con tutto ciò che essa rappresenta come Capitale del cattolicesimo mondiale. Rimane però vero e fondato tutto il messaggio, firmato dal card. Tauran, che esprime il pensiero di Papa Francesco in continuità con la politica ecclesiastica della Santa Sede: si fa infatti distinzione tra islamisti fanatici e aggressivi, che mettono bombe anche nelle moschee e combattono i fedeli della loro stessa fede, e musulmani devoti e moderni, convinti che una continua guerra non giovi a nessuno e che solo con la concordia e con la pace si potranno risolvere le questioni della giustizia e del bene comune. Vi sono segnali anche in Medio Oriente che musulmani amici dei cristiani e rispettosi della nostra fede esistono, e cominciano anche a farsi sentire e vedere.
È la strada del dialogo interreligioso, iniziato con il Concilio, che deve ancora segnare la strada del futuro per non far morire la speranza.