In questi mesi, la famiglia è ‘prepotentemente’ protagonista del dibattito interno ed esterno alla Chiesa. Non è passato molto tempo, infatti, dalla conclusione del Sinodo dei vescovi, i cui lavori riprenderanno nel 2015. Intanto Papa Francesco non perde occasione per parlare di famiglia e sottolinearne la centralità e l’importanza. Domenica 28 dicembre, solennità della Sacra Famiglia di Nazareth, inoltre, l’Umbria si ritroverà a Santa Maria degli Angeli per la prima festa regionale sul tema “Famiglia, scuola di umanità”, promossa dalla Commissione per la famiglia e la vita della Ceu. Ma anche la società civile ha “sete” di famiglia: da un recente rapporto dell’Aur sui giovani umbri (vedi numero scorso de La Voce) si delinea chiaramente come la famiglia resti il punto di riferimento fondamentale delle nuove generazioni, roccia e cardine di tutti i loro valori, vero momento di svolta nel passaggio all’adultità. Ne riflettiamo in maniera più approfondita insieme ai coniugi Stefano e Barbara Rossi, coordinatori regionali per la Pastorale della famiglia e vita, già noti ai nostri lettori per il commento alla Parola domenicale nel tempo di Pasqua.
La ricerca Aur sottolinea la centralità della famiglia per i giovani: è veramente così? Le nuove generazioni sono consapevoli di cosa significhi crearsi una famiglia, o lo fanno semplicemente “per tradizione”?
“Che i giovani abbiano una grande voglia di famiglia, nonostante gli attacchi che le vengono mossi, è un fatto emerso anche a livello nazionale in altre indagini condotte durante il Sinodo straordinario. Ricordiamo, in tal senso, i risultati presentati dall’Istituto Giuseppe Toniolo, che affermano come per il 70% dei giovani italiani la famiglia sia un pilastro essenziale della vita; in particolare il 67% la ritiene fondata sul matrimonio. Pensiamo che laddove si arriva a scegliere il matrimonio come sacramento, tale scelta è oggi più consapevole che in passato. Il condizionamento della tradizione sembra essere venuto meno con l’avvento di forme di convivenza verso le quali, sempre più spesso, i giovani sembrano optare. Così, se è vero che i numeri ci dicono che calano i matrimoni in chiesa, è altrettanto vero che, per una percentuale maggiore di un tempo, chi vi arriva lo fa per una scelta più profonda e consapevole. Pensiamo fortemente che queste giovani famiglie cristiane siano un dono prezioso per la Chiesa, in quanto portatori di linfa nuova nel testimoniare quanta gioia c’è nel costruire una famiglia nel e con il Signore”.
Alla luce di questo, quali sono le sfide che si trova davanti chi sceglie di formare una famiglia?
“Per chi sceglie ancora la famiglia, oggi le sfide sono innegabilmente alte. Il tempo storico, sociale ed economico che stiamo attraversando non aiuta le giovani coppie a vivere serenamente la vocazione sponsale. C’è bisogno prima di tutto di lavoro e, dove c’è, di un lavoro che non stritoli in ingranaggi sempre più complessi la vita di una famiglia. C’è bisogno di servizi per l’infanzia e per gli anziani, a sostegno di tutte le famiglie che con coraggio fanno in modo che le diverse generazioni e i legami familiari tra esse restino improntati alla cura e alla solidarietà. Pensiamo alla fatica che spesso fa chi si prende cura del genitore anziano, o alla solitudine in cui si imbatte chi affronta la malattia di un figlio o di un coniuge, cercando di mantenere il giusto equilibrio tra lavoro e famiglia. Ci vogliono politiche sociali a sostegno di tutte queste realtà, perché si possa realmente parlare di un’attenzione costruttiva nei confronti della famiglia e del futuro stesso della società”.
Guardando alla società in cui viviamo, ha ancora senso parlare di famiglia come di una realtà omogenea, o oggi esistono tanti modi di essere famiglia?
“La famiglia fondata sul matrimonio sacramento è una e, in tal senso, non si possono avere dubbi. D’altra parte, non possiamo non considerare che altri nuclei familiari sono storia del nostro tempo. Pensiamo, ad esempio, alle tante famiglie costituitesi su matrimonio civile, di cui, con le dovute differenze rispetto all’ideale, la bontà è stata comunque ribadita anche nel corso del Sinodo straordinario. Non possiamo poi nasconderci che, nonostante scelte anche fortemente motivate, anche la famiglia unita dal sacramento sponsale conosce una fragilità che è sotto l’occhio di tutti. L’esperienza ci dice però che questa fragilità è spesso la fragilità della coppia su cui si costruisce la famiglia: una fragilità tutta umana su cui si può lavorare, crescere, e quindi superare. Siamo chiamati, come Chiesa, a non scandalizzarcene, ma piuttosto ad aiutare chi si trova a vivere la difficoltà, la crisi familiare, la lacerazione della separazione, perché il passo sia sempre quello dei deboli e perché ci si possa riscoprire famiglia nonostante gli errori e i limiti. La tenerezza di Gesù ci aiuti a riscoprire la Chiesa come una famiglia di famiglie, capace di farsi carico di quelle più deboli e dei loro figli, come ha affermato Papa Francesco nella Evangelii gaudium (n. 169): ‘La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa arte dell’accompagnamento, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana”.
Alla luce anche di queste parole del Papa, qual è l’atteggiamento della Chiesa verso le tante forme di famiglia esistenti?
“Pensiamo che il tempo che stiamo vivendo, racchiuso tra due Sinodi sulla famiglia, quello straordinario dell’ottobre di quest’anno e quello che vivremo nel 2015, la dica lunga sull’atteggiamento della Chiesa. È indubbiamente un atteggiamento di riflessione attenta e di ricerca. In questo senso, ci piace richiamare le parole che Papa Francesco ha pronunciato durante la veglia di apertura del Sinodo straordinario, lo scorso 4 ottobre: ‘Dobbiamo prestare orecchio ai battiti di questo tempo e percepire l’odore degli uomini d’oggi, fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce: a quel punto sapremo proporre con credibilità la buona notizia sulla famiglia”.
Possiamo, quindi, considerare anche la festa del 28 dicembre come un momento di riflessione attenta e di ricerca…
“La festa regionale della Santa Famiglia, voluta da tutti i Vescovi dell’Umbria, nasce dalla volontà di radunarci e far festa per il dono della Santa Famiglia di Nazareth, con l’aiuto della quale vogliamo riscoprire il nostro essere ‘famiglia di famiglie’, che crede fortemente nella bellezza della vocazione sponsale e familiare. Per questo invitiamo a partecipare con gioia quanti vorranno. Il tema scelto, ‘Famiglia, scuola di umanità’, vuole raccontare proprio questo bello della famiglia, così come è pensata da Dio Padre. Nella sua autenticità, ogni famiglia ha come unica logica l’amore, e i legami interni e la comunione che li realizza fanno più uomo e più donna ogni membro familiare. Nelle diverse stagioni di vita, la famiglia è dunque pienamente ‘scuola di umanità’, perché è in essa che impariamo a portare e a essere portati con la stessa tenerezza che ci ha insegnato Gesù. Impariamo ad accompagnare i più fragili, bambini e anziani. Impariamo la ricchezza del dialogo costruttivo tra le differenze di generi, di ruoli e anche di generazioni. Impariamo che per essere veramente uomini, bisogna amare e porsi in relazione. Ci è piaciuto, inoltre, pensare a questo tema fortemente legato al Natale e a come il Padre abbia voluto che suo Figlio facesse il suo ingresso nel mondo nascendo in una famiglia. L’umanità di Gesù è impregnata dell’esperienza di vita familiare con Maria e Giuseppe. Al loro esempio luminoso vogliamo affidarci tutti insieme il 28 dicembre. Ringraziamo con l’occasione tutti i membri della Consulta regionale per la famiglia per il lavoro che stanno facendo, e auguriamo a tutte le famiglie della regione che il Natale faccia irrompere nelle nostre casa la tenerezza del Bambino Gesù, donando gioia, consolazione, forza, speranza e coraggio”.