Ma com’è possibile che una festa di capitale importanza per noi cristiani venga celebrata solo ogni sette anni? Parlo della solennità dei santi Pietro e Paolo, che quest’anno, poiché cade di domenica, sale finalmente alla ribalta come merita. Ma nei prossimi sei anni, a parte la diocesi di Roma, verrà di nuovo celebrata – per così dire – alla chetichella, con una solennità riservata ai pochi aficionados che partecipano alla messa anche nei giorni feriali.
In ballo c’è la necessità di una catechesi seria e continuata su di uno snodo centrale della nostra fede, il Servizio petrino.
La spina dorsale della nostra fede – lippis tonsoribusque notum est – prevede tre gangli vitali: Dio, Cristo, la Chiesa. Questa è la gerarchia giusta nella logica dei contenuti; ma nella logica della pedagogia che porta ai contenuti, l’ordine s’inverte: la Chiesa, Cristo, Dio. Il sonno della ragione che struttura dall’interno questa seconda logica – Goya docet – genera mostri quando, non utilizzando lo schema corretto, la ricerca religiosa rischia di generare delle caricature di Cristo e di Dio. Penso a quella parte della New Age che pretende di essere “cristiana”.
Senza una catechesi seria e continuata sulla Chiesa e, all’interno della Chiesa, sul Servizio petrino, la fede dei cattolici adulti rischia di andare per campi. Ma concretamente, su che tipo di catechesi possono far conto i cattolici adulti di oggi? I tempi in cui i nostri bisnonni “andavano a dottrina” la domenica pomeriggio sono lontani anni luce; il diffondersi fra i laici della lectio divina è un fenomeno incoraggiante, ma ancor troppo quantitativamente limitato per essere significativo.
La fede dei cattolici oggi può far conto solo sulla catechesi mistagogica, quella che si realizza all’interno della celebrazione dell’eucaristia e degli altri sacramenti, quella che ha recuperato la terza Costituzione conciliare, la Sacrosanctum Concilium, dedicando tre fondamentali paragrafi (33-36) alla natura didattica e pastorale della liturgia: la pedagogia liturgica prevede la crescita nella fede attraverso l’ascolto della Parola di Dio e la ricezione dei sacramenti, ma anche attraverso una modalità che celebri i santi segni con lo scopo specifico di permettere il passaggio da essi agli invisibili Misteri. Per questo la Sacrosanctum Concilium (al n. 35) incoraggia una catechesi più direttamente liturgica, che preveda anche brevi monizioni proposte in chiave propriamente catechetica.
E allora, coraggio! Spostiamola, questa solennità dei santi Pietro e Paolo, dal 29 giugno all’ultima domenica di giugno. Ma facciamolo presto, prima che a Roma, a onta del gran numero di cardinali che a San Pietro concelebrano con Papa Francesco, essa si riduca alla “festa de noantri” e, dalle parti nostre, ceda il posto alla festa del “bentornato cocomero!”.