“Non ci sono più profeti e tra noi nessuno sa fino a quando” (Sal 74,9): nella liturgia delle ore giunge sempre puntuale, quanto attuale, questo grido del Salmista. Un grido che si fa più acuto nel tempo d’Avvento, segnato dalla figura di Giovanni Battista, il quale, “solo fra tutti i profeti, ha indicato al mondo l’Agnello del nostro riscatto”. Il profeta, nella concezione più profondamente biblica, non è colui che anticipa i tempi: al contrario, è colui che scorge i passi di Dio nella storia; è colui che Dio chiama perché parli in Suo nome; più esattamente, è colui che parla nel nome del Signore agli uomini del proprio tempo. La ricchezza della sua parola, la profondità della sua provocazione, del suo richiamo alla fedeltà ad un’altra Parola, quella di Dio, deriva dal radicamento nel suo tempo e, prima ancora, dal fatto che “la parola di Dio prende a servizio la vita stessa del profeta”. Non c’è profezia senza santità, ma non c’è santità senza ascolto credente della Parola; è alla “scuola della Parola” che il profeta apprende che la lungimiranza è la “misura alta” della vigilanza e che la pazienza dell’impegno umano suppone la costanza dell’affidamento a Dio. – Il profeta è un uomo che non ha un passo più lungo, ma uno sguardo più acuto; egli scruta i “segni dei tempi” alla luce del Vangelo, coniugando semplicità e prudenza. – Il profeta è un uomo chiamato a “preparare la via del Signore”; egli studia le mappe e indica percorsi, denuncia le storture e annuncia coraggiosi orizzonti. – Il profeta è un uomo libero da se stesso, immune dalla ricerca di consenso; egli annuncia la Parola opportune et importune senza mai innalzare l’insegna della vittima. – Il profeta è un uomo che ha l’assillo di sentire cum Ecclesia; egli, amando la Chiesa più di se stesso, ne indica le “rughe” solo dopo essersi battuto il petto: soltanto dopo! Il superamento di ogni conformismo e compromesso, il desiderio di un rinnovamento di stile e di azione ecclesiale, la chiara presa di distanza da ogni forma di grettezza o di insincerità e, soprattutto, “il grande e mai smentito amore a Cristo e alla Chiesa” costituiscono le note dominanti della profezia. Il profeta è destinato ad essere scomodo, ma non per posa o per pregiudizio, quanto per sofferta, umile, serena coerenza; non si muove in maniera arbitraria, né si arroga alcuna discrezionalità. Egli conosce il sapiente equilibrio di continuità e novità, di tradizione e di attualizzazione, ben sapendo che dal tesoro della tradizione si estraggono nova et vetera, “cose nuove e cose antiche”. Quella della “riforma della Chiesa nella Chiesa” è, senza dubbio, una “frontiera” che ogni profeta è chiamato ad esplorare, pagando in termini personali un prezzo elevato per la sincerità, la freschezza e qualche volta l’asprezza delle proprie posizioni. E tuttavia la fedeltà è sempre il “sigillo di garanzia” della sua testimonianza, che spesso conosce lunghe e sofferte pause di silenzio. Solo nel silenzio maturano le parole profetiche e al silenzio ritornano!
Fedeltà e profezia secondo la Bibbia
Parola di Vescovo
AUTORE:
† Gualtiero Sigismondi