Fedeli per sempre?

Incontro del gruppo 'Berit', ovvero separati che scelgono di restare fedeli al matrimonio e non si risposano

Per sei coppie che riescono a riprendere il dialogo quattro dichiarano finito il loro matrimonio. Al Centro Casa della tenerezza fondato da mons. Carlo Rocchetta gli incontri per le coppie che vivono la crisi del proprio matrimonio non sempre si concludono felicemente con la ricomposizione della famiglia. Ed è da questa esperienza di ‘fallimento’ che è nato il gruppo di persone separate e divorziate che hanno fatto la difficile scelta della fedeltà al sacramento del matrimonio. Dopo il primo anno di incontri il gruppo ha scelto di chiamarsi ‘Berit’ che in ebraico significa ‘Alleanza’ ispirandosi alla Alleanza di Dio con l’uomo vissuta nel matrimonio. Impegno e obiettivo del gruppo è valorizzare il matrimonio-sacramento, saper affrontare la sofferenza della separazione, saper perdonare il coniuge, rinnovare il sì nuziale a Dio, sostenersi a vicenda nella consolazione. Separazione e divorzio lasciano ferite profonde soprattutto quando la separazione non la si è voluta e quando ci sono figli che ne sono le prime vittime. Nel gruppo ci sono papà e mamme e da loro è nata l’esigenza di approfondire le novità della nuova legge sull’affido condiviso che prevede anche la ‘mediazione familiare’. Domenica scorsa a Montemorcino il gruppo ha promosso una giornata di approfondimento sulle questioni dell’essere genitori in una situazione di crisi della coppia. Con l’avvocato Savina Caproni e con il pedagogista Gaetano Mollo. Una giornata allargata anche a chi di solito non frequenta gli incontri mensili del gruppo. Al centro Mater Gratiae di Montemorcino un nugolo di bambini animava i corridoi: figli dei separati che partecipavano all’incontro e figli delle coppie che fanno parte della casa. C’erano anche i piccoli di Barbara e Stefano Rossi, la coppia che con padre Marco Viola segue il gruppo ‘Berit’. ‘Ad un certo punto ci siamo anche chiesti se fosse il caso che responsabili del gruppo fossimo noi – racconta Barbara – ma poi loro stessi, i separati, hanno voluto che così fosse perchè in questo modo si sentono accolti in modo più pieno nella comunità, perché non si creano dei ghetti’. ‘Accoglienza’ è quello che chiedono alla comunità cristiana i divorziati e i separati, anche quanti (ed è il caso del gruppo Berit) frequentano attivamente gruppi o movimenti. resta, dunque, al fondo il sentimento di esclusione anche quando, non essendo risposati, possono accedere a tutti i sacramenti della Chiesa. Diverso è i caso dei divorziati risposati. Al momento non c’è un gruppo specifico come il ‘Berit’, ma il problema è sentito. Padre Marco, il francescano di Santa Maria degli Angeli che segue il gruppo, conosce la sofferenza e la rabbia dei divorziati risposati che vorrebbero una piena partecipazione alla vita della Chiesa. Per molti ‘l’assenza’ dal sacramento della comunione e della confessione è una condizione che gliene fa riscoprire la forza proprio quando non possono accedervi, e questo aumenta la sofferenza, racconta padre Marco che precisa ‘l’impossibilità di accedere alla comunione non è una scomunica in se ma è legata al fatto che il divorziato risposato non può essere assolto finchè non recede dalla situazione di peccato’. Per separati o divorziati che hanno un’altra vita coniugale ci sono importanti spazi della grazia che tali sono per tutti ma che per loro diventano essenziali: la preghiera, l’ascolto della parola, l’ascesi, la carità. ‘Educare queste persone che non possono fruire della comunione sacramentale eucaristica a vivere la grazia e l’incontro con la misericordia di Dio che è la carità’ è per padre Marco la via da percorrere per non escluderli dalla comunità.

AUTORE: Maria Rita Valli