È a tutti chiaro che un neonato non può esprimere la propria fede… e allora chi garantisce per lui? In quale fede viene battezzato?
Il fatto che un neonato non possa professare la propria fede, perché ancora non ha raggiunto l’uso della ragione e la capacità di esprimersi verbalmente, non significa che non possa essere battezzato. Anzitutto perché non possiamo dimenticare che il battesimo è il sacramento con cui la fede viene donata, non è la premessa per accedervi.
Infatti la fede è allo stesso tempo grazia e atto umano. È grazia in quanto virtù infusa da Dio, è atto umano in quanto libertà di aderire o no a Lui e alle verità da Lui rivelate. Per questo alla domanda posta ai genitori nei riti di accoglienza: “Che cosa chiedete per il vostro bambino?”, si può rispondere “La fede”, sottolineando così la dimensione del dono.
Come ben sappiamo, i bambini sono battezzati in forza della fede della Chiesa, professata il giorno del battesimo dai genitori, dai padrini e madrine e dalla comunità presente. Ricevono quindi in dono quella stessa fede che i presenti al rito professano pubblicamente, la quale sarà poi il fondamento della scelta libera – che ogni battezzato potrà fare – di aderire o meno alla fede donata.
Per questo entrano in gioco i genitori ed i padrini e le madrine, non solo come rappresentanti della Chiesa, ma come primi educatori alla vita di fede. Con il battesimo è stato gettato il seme, ma spetta anzitutto alla famiglia, coadiuvata dal padrino e/o madrina, occuparsi del germoglio affinché un giorno porti frutto.
Questo protagonismo dei genitori è espresso fin da subito attraverso il loro intervento attivo nel rito con la richiesta pubblica di battesimo nei riti di accoglienza, con il segnare il neonato con il segno della croce, con il professare pubblicamente la fede, ecc.
In Amoris laetitia (n. 287) si sottolinea che “la famiglia deve continuare ad essere il luogo dove si insegna a cogliere le ragioni e la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo”. Lo stesso vale per i padrini e le madrine, i quali sono chiamati insieme ai genitori a sostenere il cammino di fede del battezzato affinché, una volta adulto, possa professare personalmente la fede.
Questa trasmissione – operata quindi dai genitori, dai padrini e madrine ed anche dalla comunità ecclesiale – necessita non solo di parole ma anche di opere: infatti, più la testimonianza è credibile attraverso l’esempio, più la trasmissione risulterà vera ed incisiva. Per questo motivo è richiesto ai genitori di continuare ad accompagnare concretamente il bambino nel cammino di fede, ed ai padrini e madrine di rispondere ad alcune caratteristiche che confermino con la vita la fede che professano con la voce.
Don Francesco Verzini